In attesa di conoscere il destino delle classi ponte prende largo l’ipotesi di un numero massimo di stranieri per ogni gruppo-classe: una ipotesi, annunciata alla stampa il 19 marzo a Palazzo Chigi direttamente dal Ministro Gelmini, che per la Lega rappresenterebbe comunque un ottimo risultato. Non la pensa così la Cgil, secondo cui il Governo sulle classi d’integrazione avrebbe in realtà deciso di tornare sui suoi passi accontentandosi del provvedimento del 30% massimo di alunni per corso. A sostenerlo è stato il suo segretario generale, Guglielmo Epifani, che intervenendo il 22 marzo ad una iniziativa del suo sindacato sul tema dei migranti al Mandela Forum di Firenze ha dichiarato come “sulle classi scolastiche per soli stranieri il Governo ha fatto marcia indietro: ne prendiamo atto – ha affermato il leader Cgil – quando il Ministro dell´istruzione, Maria Stella Gelmini, dice che nelle classi potrà essere presente un massimo del 30% di studenti stranieri è evidente che, senza ammetterlo, si è respinto l’ipotesi di istituire classi destinate esclusivamente a ragazzi non italiani”.
Per il partito del Carroccio il provvedimento annunciato dal Ministro Gelmini, che non permetterebbe agli alunni stranieri di prevalere numericamente su quelli italiani, non sembra proprio rappresentare una mezza sconfitta: tanto che la senatrice leghista Irene Aderenti ha detto che una sua auspicabile applicazione andrebbe “proprio contro le classi e le scuole ghetto che impediscono l’integrazione culturale e sociale del minori stranieri”: la soglia del 30% impedirà quindi di “distribuire gli alunni stranieri nelle scuole italiane” favorendone piuttosto la “vera integrazione”, ha concluso Aderenti.
In effetti, andando a verificare la sua paternità si scopre che la proposta è in realtà contenuta nella stessa mozione Cota sulle classi ponte approvata alla Camera ad inizio autunno. Un “pacchetto” di proposte legate da uno stesso fine: evitare da una parte che la presenza sempre maggiore di alunni stranieri in classe (complessivamente 700mila, per una media al di sotto del 10%, con alcune realtà scolastiche dove però la percentuale diventa altissima) pregiudichi in qualche modo l’apprendimento degli studenti italiani e dall’altra favorire un inserimento più graduale degli ultimi arrivati. I quali spesso non conoscono nulla della nostra scuola, ad iniziare dalla lingua italiana sino al semplice far di conto.
Ora che l’ipotesi delle classi ponte, poi trasformate in integrazione, sia tramontata rimane tutta da dimostrare. Di sicuro il Governo ha dato un’accelerazione sul tetto minimo di stranieri, che a detta del Ministro dovrebbe entrare in vigore dal 2010: sulla decisione hanno pesato non poco le recenti indicazioni dell’Ue, la quale non sembrerebbe disdegnare un’eventualità di questo genere. D’altro canto diversi istituti hanno già adottato quest’anno sperimentalmente il modello della soglia massima di tre alunni stranieri ogni sette italiani. E’ accaduto a Chiarano in provincia di Treviso, in diverse scuole del Trentino, della Valle D’Aosta ed in alcune di Sanremo. Decisamente significativo che l’indicazione di introdurre dei limiti (anche se non rigidi) sia stata presa anche dalla nota scuola primaria Carlo Pisacane di Roma: un istituto, nella cuore di Tor Pignattara, un quartiere storicamente in mano alla sinistra, dove gli alunni stranieri oramai sovrastano numericamente quelli capitolini. I quali si sono riversati su altre realtà scolastiche romane. Di fronte a queste realtà, presenti in netta prevalenza nel Centro-nord, un provvedimento era necessario. Il problema rimane quello di capire come applicarlo senza ledere il diritto allo studio e all’uguaglianza di tutti gli alunni. Stranieri compresi.