Sarebbero circa 75.000 i docenti della scuola italiana ad essere colpiti da depressione derivante da mobbing lavorativo: quasi uno ogni dieci in servizio. A diffondere il preoccupante dato è stato il 25 marzo il sindacato Ugl Scuola della Lombardia, che ha sommato le tante pratiche attivate dagli stessi insegnanti, di ogni ordine e grado scolastico, presso il Tribunale civile, le Cliniche del lavoro, gli avvocati e il mondo sindacale.
Il sindacato ha spiegato che il ricorso alle vie legali non deve rappresentare l’unica soluzione: in diversi casi questa strada può infatti “esporre a ritorsioni o possibili querele per diffamazione” peggiorando quindi la situazione. Tale eventualità, quindi, va sempre adottata con “ponderata attenzione”.
In generale alla base delle persecuzioni possono esserci diverse ed articolate motivazioni: invidia, razzismo, diversità religiosa o culturale rispetto al gruppo prevalente, carrierismo sfrenato, o semplice gusto nel far del male. Ma sempre più spesso i motivi in ambito lavorativo si riconducono alla volontà di eliminare colui che esprime opinioni diverse mettendo in pericolo le posizioni di comando o privilego e gli equilibri in atto: nel caso della scuola, il mobbing viene rivolto con frequnza nei confronti di personale insegnante “capace e geniale e dunque in grado di sovvertire la gerarchia aziendale o di eliminare i privilegi conquistati dagli altri lavoratori prima della sua venuta, sia più semplicemente perchè esprimente opinioni ed abitudini diverse dal gruppo”.
L’Ugl ha anche spiegato che il mobbing può essere orizzontale o verticale: il primo deriva da soprusi e pressioni operate dai colleghi di lavoro nell’ambito scolastico; quello verticale, più pericoloso e chiamato anche “bossing”, viene invece attuato direttamente dai dirigenti scolastici che minano la psiche di quei docenti ritenuti per vari motivi “scomodi”. Il più delle volte, questa etichetta viene assegnata semplicemente perché non il docente nello svolgere il propro servizio non è allineato allo staff del dirigente. In queste circostanze non sono rari i casi di prof che vengono letteralmente tempestati dai loro presidi attraverso inutili controlli e verifiche dell’operato. Oltre che “sepolti” da necessità burocratiche quasi sempre fine a se stesse.
Per non soccombere alle angherie dei colleghi, meno frequenti, o dei presidi, l’Ugl raccomanda comunque i docenti di non pensare mai alle dimissioni dal lavoro e di non esercitare nemmneo un atteggiamento troppo vittimistico: sarebbe l’anticamera della depressione. Quella in cui sono caduti già migliaia di docenti.
L’ideale, conclude il sindacato, è allora raccogliere più documentazione possibile e sostenerla attraverso delle forti testimonianze: in questi casi la denuncia diventa un atto di tutela più che plausibile. Altrimenti rischia di diventare un pericoloso boomerang che porta dritto verso il trasferimento in un altro istituto. O nei casi più complessi verso la depressione.