Home I lettori ci scrivono I genitori che amano non difendono, ma rimproverano i figli

I genitori che amano non difendono, ma rimproverano i figli

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La violenza cieca, irrazionale e selvaggia in ambito giovanile, la vocazione al caos e la forza distruttiva di alcuni gruppi, abilmente orientati verso una sorta di imperativo morale al disordine, rappresentano, ormai, una minaccia per il nostro sistema formativo, per una sana, costruttiva e pacifica convivenza civile dove partecipazione, ascolto, rispetto, tolleranza,  “buona educazione” ecc., dovrebbero costituire la regola.

Verrebbe da domandarsi: “Dov’è la democrazia” ? Dove sono quei diritti civili sanciti dalla nostra Costituzione che dovrebbero consentire a tutti i cittadini di condurre una vita personale libera e sicura? Dov’è il diritto a trascorrere una serata in allegria senza il rischio di subire gravi danni fisici o, ancor peggio, di rischiare la vita?

Nonostante importanti conquiste per il riconoscimento, l’ applicazione e la tutela dei diritti inviolabili della persona, la nostra società civile è in affanno, sta evidenziando numerosi punti di vulnerabilità, ha difficoltà a tutelare i cittadini e le persone oneste, a salvaguardare il loro diritto alla vita, alla sicurezza, alla libertà di scelta.

Indubbiamente, viviamo in un periodo di profonda crisi di valori; scuola, famiglia e società non riescono più ad imporsi positivamente, ad essere  determinanti a livello educativo, a stimolare e strutturare comportamenti eticamente fondati, che incidono non poco sulla vita delle persone e sull’intera collettività.

La maggior parte della società civile è, ormai, ostaggio di pochi violenti: è un’ impresa e un grosso rischio partecipare a manifestazioni e ad eventi di ogni genere, oppure, trovarsi in un posto qualsiasi nel momento sbagliato ecc. Di conseguenza, lottare per un’esistenza libera, sicura è un dovere di tutti.  E’ un dovere al quale nessuno può sottrarsi. L’impegno deve essere totale e globale per non consegnare  la propria esistenza nelle mani di chi, per vocazione o per mestiere, ha solo interesse a seminare orrore, sofferenza, dolore e morte.

Le sempre più diffuse ed evidenti difficoltà ad educare i giovani e ad isolare i violenti, per la gran parte senza guida e senza bussola, sollecitano, dunque, tutta una serie di interventi riconducibili ad una maggiore attenzione ed a specifici interventi all’interno della famiglia, della società e dell’istituzione scolastica.

Si può dire che il problema educativo è il “problema umano” e dipende da una molteplicità di fattori che, direttamente o indirettamente, chiamano in causa situazioni culturali, sociali, ambientali e familiari, ha radici antiche e, più volte, si è cercato, senza successo, di mettere in atto interventi, con un notevole investimento di risorse umane ed economiche, per cercare di diffondere la cultura dell’incontro e parlare al cuore e alla mente di ognuno.

In pratica, parlando di problematiche educative di una certa rilevanza, non si può, sempre, comunque e a prescindere, delegittimare la scuola, assegnarle compiti e attribuirle responsabilità che hanno come unico obiettivo quello di determinare situazioni di conflittualità e incomunicabilità. In questi casi, sarebbe più saggio partire dalle condizioni culturali, sociali e istituzionali, ma, soprattutto, dalla complessa costellazione di valori che orienta e guida le scelte educative della famiglia, della scuola e della società.

Famiglia e scuola, le prime ad essere chiamate in causa appaiono, oggi, sempre più disorientate dalle tante sollecitazioni e pseudo forme educative di una società sempre più complessa ed egoista, nella quale hanno sempre più peso l’ egoismo, l’ individualismo, il denaro, il potere, la forza, il successo personale ecc., mentre la solidarietà, l’amore, la disponibilità ad ascoltare, la moralità, l’ interiorità, la dedizione all’altro, l’accoglienza, il rispetto ecc., hanno un ruolo marginale.

In questa prospettiva, fatica ad emergere quell’ amore educativo, quella saggezza educativa, quel rigore morale, quella sapiente e incisiva autorità genitoriale, in altri tempi certamente assai più visibile e premiata da figli più buoni, meno capricciosi, più generosi e, soprattutto, più disponibili al dialogo, all’aiuto educativo, alla relazione affettiva.

Oggi, pertanto, sembra più difficile trovare opportuni equilibri e adeguati compromessi, tra tradizione e modernità, fra idee e atteggiamenti sempre meno caratterizzanti la formazione del pieno sviluppo della persona umana e sempre più corrispondenti a principi-valori conformi alla società del potere, del benessere e del tutto subito e ad ogni costo.

Si può dire che nel mondo dei figli del consumismo, delle relazioni e delle comunicazioni virtuali ,vi è una vera e propria emergenza educativa, avvertita anche sotto diversi aspetti da psicologi, filosofi, economisti, sociologi.

La demotivazione, la paura del fallimento, l’ansia del successo, del potere, dell’affermazione di sè, costituiscono le ragioni profonde delle incomprensioni educative delle inefficienze comunicative che, spesso, avvolgono famiglia, scuola e società, in oscuri sensi di colpa, in una preoccupante rassegnazione e in una deleteria solitudine educativa.

Tale atteggiamento dimissionario caratterizza, purtroppo, tante nostre comunità e fa sì che anche gli sforzi buoni e i sacrifici fatti, non abbiano la forza incisiva che nasce dalla convinzione di avere in mano una chiave educativa valida, di possedere uno strumento educativo formidabile: l’amore.

In un tempo in cui educare sembra diventato più difficile, occorre non ignorare i problemi e rendersi conto che l’educazione è sempre un fatto possibile, che il cammino educativo non ha mai uno svolgimento tranquillo, ma è segnato dalla resistenza, dalla ribellione, dall’insuccesso, dal fallimento.

Appare chiaro che i contesti formativi – non solo la scuola – necessitano di una concezione dell’educazione nuova, che faccia da collegamento tra due realtà che si vanno sempre più allontanando l’una dall’altra, quella dell’economia e quella della  formazione.

Le logiche di mercato non devono distogliere  dalla certezza che le fondamentali dimensioni dell’educazione non affondano le loro radici nel potere economico e politico – che genera odio, violenza gratuita, sopraffazione – , ma nel volere il bene, nel rendere l’uomo autore del proprio e dell’altrui bene.

Punto fondamentale dell’impegno educativo è agire con la tenacia, la pazienza e l’amore della madre saggia. Chiunque ama non ha paura di rimproverare o di correggere.

Bisogna , dunque, riscoprire e riproporre antichi e sempre nuovi orientamenti educativi che hanno il loro fondamento nella pedagogia dell’accoglienza, nella pedagogia dell’amore, nella pedagogia dell’umiltà, nella pedagogia del giusto momento.

Fernando Mazzeo