La notizia che la Lega ha presentato un disegno di legge per l’introduzione di un’ora curriculare di Educazione Civica alla settimana in tutti gli ordini di scuola, da quello dell’infanzia in su, merita una attenta riflessione.
In primo luogo, poiché questo comunicato è indirizzato agli addetti ai lavori, ma vorrebbe rivolgersi anche a un pubblico più vasto, teniamo a spiegare il significato del termine “curriculare”.
Un’ora di lezione curriculare è quella facente obbligatoriamente parte del piano dell’indirizzo di studi prescelto (ad esempio una delle 5 ore settimanali di latino stabilite per il Liceo Classico) mentre lezioni extracurricolari sono deliberate dal Collegio docenti della singola scuola nell’ambito di un progetto, come ad esempio un pacchetto di ore di “storia e tecnica del cinema” in un Liceo Scientifico.
Entrando nel merito, osserviamo che se, come sembra, la preoccupazione da cui origina il ddl è quella di incidere sui comportamenti delle giovani generazioni, inducendole a un maggiore civismo, a un più profondo rispetto per il prossimo e per sé stessi e, più in dettaglio, a combattere fenomeni come l’uso di sostanze nonché il cosiddetto bullismo, nonché ecc. ecc., l’obbiettivo rischia di fallire miseramente.
Trasmettere valori comunicando nozioni è infatti una pretesa di natura intellettualistica che risale in qualche misura alla dialettica socratica, senza però la componente di vita comunitaria e lo spettacolo di esemplare probità che Socrate forniva quotidianamente ai suoi allievi. E, lungi offendere alcun collega, senza la carismatica personalità di quel maestro così lontano nel tempo ma sempre presente alla riflessione pedagogica della nostra moribonda Europa.
I valori li insegnano gli esempi più che le parole. Un docente, dunque, può effettivamente insegnarli instaurando con gli studenti un rapporto rispettoso ma non asettico, che faccia capire a questi ultimi che egli ha interesse per loro prima di tutto come persone. Beninteso un insegnante che possieda egli stesso dei valori e osservi comportamenti che ne sono il riflesso.
È insomma un delicato equilibrio fra l’essere se stesso come persona già formata, e il rispetto per le persone in formazione di fronte a lui, che egli deve porre in essere. Questi sono i docenti che ci ricordiamo per quello che ci dicevano e per come ce lo dicevano: gli altri li rammentiamo, se pure, per qualche casuale episodio ameno.
Questo insegnante forma, cioè educa, senza aver bisogno di un’ora curriculare ad hoc: lo fa mentre insegna la propria disciplina, soprattutto se opera in un contesto scolastico che ne valorizza la funzione e non ne fa un imbrattacarte o un assiduo compilatore di moduli on line.
Se poi non fossero valori ma solo regole pratiche, quelle oggetto della nostra ora settimanale (rispetta l’ambiente in cui vivi, non spruzzare spray urticante nei luoghi affollati, mangia poca carne, non gettare le carte per terra,…) esse non hanno notoriamente appeal presso i giovani, i quali per loro natura aspirano a qualcosa di più totalizzante, qualcosa da cui poi, eventualmente, le regole pratiche possano discendere.
Insomma quest’ora di “Educazione Civica”, se effettivamente introdotta, rischia di essere un’inutile parentesi fra le lezioni “serie”, un pot-purri di immortali principi venduti a buon mercato e di propinati asfittici precetti, il tutto sommerso in una noia mortale, per cui è facile divinare che l’ora adibita al rispetto delle regole sarà, oltre che uno spreco di pubblico denaro, il teatro della loro più clamorosa violazione.
Alfonso Indelicato – AESPI