Scongiurare la procedura d’infrazione della Commissione europea ha convinto il Governo a produrre un’ulteriore sforbiciata ai finanziamenti relativi all’anticipo pensionistico quota 100: secondo le agenzie di stampa, il 20 dicembre sarebbero stati tagliati dalla legge di Bilancio di fine 2019 altri 700 milioni “sull’altare della trattativa con l’Ue”.
Una richiesta che non sorprende, anzi in linea con quanto da noi anticipato e che già aveva prodotto lo slittamento della liquidazione al compimento dei 67 anni, quindi anche cinque anni dopo avere lasciato il servizio.
Le limitazioni sopraggiunte
Negli ultimi giorni, i finanziamenti a disposizione di quota 100 sono quelli ad avere pagato il prezzo più alto per assecondare le richieste di Bruxelles: per il 2019 si è passati dai 6,7 miliardi iniziali a meno di 4 miliardi.
Cosa significa tutto questo? Prima di tutto che la tanto annunciata contro-riforma Fornero sarà triennale e non strutturale.
Poi c’è il problema dello slittamento dell’entrata a regime di quota 100: il primo partito di governo, il M5S con in testa il premier Giuseppe Conte, assicura che il provvedimento entrerà in vigore in primavera inoltrata: il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha parlato di 1° aprile.
Potrà andare in pensione, tra il 2019 e il 2021, chi ha almeno 62 anni e 38 di contributi (c’è ancora da capire entro quale date, probabilmente il 31 dicembre prossimo) con una finestra trimestrale se il lavoratore è privato (la prima scatta ad aprile) e semestrale se pubblico.
Solo che in quest’ultimo caso l’uscita si concretizzerà ad ottobre: una data che per la scuola è improponibile, e se non vi saranno deroghe (poco probabili al momento), i docenti, gli Ata e i dirigenti scolastici interessati a quota 100 saranno costretti a lasciare il servizio solo nel mese di settembre 2020.
Poi, rimane confermato il divieto di cumulo con l’attività lavorativa fino ai 67 anni.
L’assegno ridotto anche del 30%
Oltre all’avvio slittato molto in avanti e alla liquidazione, c’è poi la spada di Damocle riguardante la riduzione dell’assegno: al Governo continuano a dire che non si tratta di penalizzazioni, ma di fatto la pensione si potrebbe diventare decisamente light, con riduzioni sul lordo fino al 30% rispetto all’uscita a 67 anni o a 42 e tre mesi di contributi per le donne ed un anno ulteriore per gli uomini.
Per ha creduto in un ritorno alle regole pre-Fornero, si tratta di un “particolare” non da poco: per intenderci, un docente che a 67 anni avrebbe percepito un assegno di quiescenza di circa 1.800 euro nette, si ritroverebbe a 1.300 euro.
Il Governo: non c’è nessun problema
Certo, dal Governo si continua a minimizzare: per il leghista Massimo Garavaglia “non c’è nessun problema né per quota 100 né per le altre misure esistenti”, vale a dire Ape social (aperto nella scuola solo a educatrici dei nidi e maestre della scuola dell’infanzia), che si dovrebbe finanziare con alcuni fondi ‘avanzati’, e Opzione donna (che potrebbe però essere innalzata di un anno ma mantenendo il conteggio totale contributivo), il cui costo non sembra essere proibitivo.
Queste sembrano essere le linee generali: per i dettagli del testo bisognerà attendere gennaio e non entro la fine dell’anno come inizialmente ipotizzato e annunciato: solo allora, infatti, il Consiglio dei ministri dovrebbe recepire il decreto su quota 100, assieme al reddito di cittadinanza, che nel frattempo ha subito il taglio di 1,9 miliardi, scendendo a 7,1 miliardi di investimento complessivo.
Salvini: i tecnici dicono che è tutto ok, è Boeri che disinforma gli Italiani
Intanto, il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini continua a difendere il provvedimento: “Ho perso? Allora spero di perdere così tutte le volte”, ha detto a ‘Radio Anch’io’. “Ci sono più di 20 miliardi nel triennio per smontare la legge Fornero. Da zero a venti miliardi – ha aggiunto – E grazie a questa manovra 500 mila italiani potranno scegliere di andare in pensione prima. Se i tecnici dicono che i soldi per l’anno prossimo sono sufficienti io di loro mi fido. Sono estremamente felice di questo primo passo”.
Nella stessa giornata, sempre Matteo Salvini si è schierato ancora contro il presidente dell’Inps: “da mesi Boeri rema contro il governo e disinforma gli Italiani, difendendo una legge sciagurata come la Fornero. Perché per coerenza non si dimette e si candida alle primarie del Pd? Noi andiamo avanti sulla via del diritto al lavoro e alla pensione, problemi – ha concluso il ministro – che evidentemente Boeri non ha”.