È dai giovani che è necessario partire per costruire un’Italia più dinamica e competitiva dal punto di vista lavorativo/professionale ed è per questo che bisogna intervenire anche sulla scuola, perché “è la marcata autoreferenzialità del sistema educativo di istruzione e di formazione che incide negativamente sulle prospettive occupazionali dei giovani. È questa la principale ragione di un frequente intrappolamento ai margini del mercato del lavoro, con occupazioni e professionalità di bassa qualità, non di rado senza alcuna coerenza tra carriera scolastica e carriera lavorativa”.
Per superare questa empasse il Piano propone di utilizzare la competizione tra le scuole e tra le università come elemento propulsore, non solo per far sì che i giovani siano indotti a scegliere le sedi migliori, ma anche per premiare e sostenere i centri che meritano di più.
Le proiezioni al 2020 presentano un quadro tutt’altro che ottimistico per l’Italia nel contesto internazionale, con una forte carenza di competenze elevate ed intermedie e un disallineamento complessivo della offerta formativa rispetto alle richieste del mercato del lavoro. È, pertanto, necessario intervenire tempestivamente, introducendo correttivi per ridurre al minimo, ad esempio, la dispersione scolastica ed universitaria, vere criticità che affliggono il nostro mercato del lavoro.
Le soluzioni prospettate dal Piano si basano essenzialmente sul portare a compimento le riforme della Scuola e delle Università, oltre che i processi già avviati con la Legge Biagi.
Scuola e università dovranno, dunque, cambiare e guardare maggiormente al mondo del lavoro ed alle imprese.
Si tratta – dichiarano i due ministri – di un “lavoro di medio periodo“, che però è da iniziare il prima possibile. Per questa ragione, sarà presto convocato un tavolo con le parti sociali per discutere delle azioni previste dal Piano e delle modalità con le quali realizzarle.