L’autonomia scolastica compie vent’anni e molti la criticano addossandole tutti i mali della scuola odierna.
Ma c’è molta confusione nelle critiche che si fanno. Innanzitutto bisogna considerare da dove si partiva: una scuola che dipendeva dai vertici del Ministero per la programmazione e dal Provveditorato agli studi per tutte le altre incombenze. E’ questa scuola che si rimpiange? Non credo.
La programmazione legata al contesto territoriale (POF) è stata una grande conquista. Ma vediamo le critiche principali.
Si dice che l’autonomia avrebbe causato il progettificio. I progetti da realizzare nella scuola vengono definiti dal Collegio dei docenti che ha tutto il potere di sezionarli e di approvare quelli che ritiene più pertinenti.
Si dice che sono state poste le scuole in concorrenza. Questo però non dipende dall’autonomia delle scuole, ma dal fatto che è stata abolita la platea.
Si dice che i dirigenti scolastici hanno troppo potere. Questo è vero, l’autonomia scolastica richiede un potere/responsabilità del preside che prima (nella scuola verticistica) non aveva. Ma il problema è che non si è formata un middle management che supporti il dirigente e questo a causa di una visione piattamente egualitarista dei sindacati della scuola che non ammettono gerarchie, senonché tutte le istituzioni sono gerarchiche, pena la loro dissoluzione.
Se una critica va fatta, secondo me, è che l’autonomia si è realizzata solo in parte, per esempio l’istituzione scolastica non ha ancora un’autonomia finanziaria, perché i finanziamenti che riceve sono per la gran parte vincolati, non ha un’autonomia didattica perché ci sono i paletti degli orari e le reti di scuole non sono state sufficientemente supportate.
Eugenio Tipaldi