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Studenti a casa, ma presenti sul registro personale dei docenti: per la Cassazione è un reato penale

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Una sentenza sui cui docenti dovrebbero riflettere: è quella, depositata l’11 gennaio dalla quinta sezione penale della Cassazione, attraverso cui si ribadisce che la compilazione del registro personale, al pari di quello di classe, deve essere realizzata in modo accurato. Senza errori ed omissioni.
Tanto che qualora si segni in modo errato la presenza di uno studente, in realtà mai giunto a scuola in quel determinato giorno, si commette il reato di falso in atto pubblico. Che può comportare un reato penale.
La sentenza degli ermellini ha in questo modo confermato la responsabilità, già appurata nei primi due gradi di giudizio, da parte di alcuni docenti di un istituto parificato che avevano omesso di scrivere sui propri registri personali (che quindi non devono considerarsi semplici strumenti di lavoro a disposizione dei docenti, ma rientrano nell’ambito degli atti ufficiali scolastici) i nominativi di alcuni allievi assenti. E siccome i docenti, hanno sottolineato i giudici, durante il loro operato risultano a tutti gli effetti “pubblici ufficiali” la gravità del reato risulta rilevante.
Secondo la Corte di Cassazione “integra il reato di falso in atto pubblico, l`errata attestazione delle assenze degli alunni nel registro del professore. Infatti il registro, sul quale devono essere annotati la materia spiegata, gli esercizi assegnati e corretti, le assenze e le mancanze degli alunni, i voti riportati, è atto pubblico, in quanto – continua la sentenza – attesta le attività compiute dal pubblico ufficiale che lo redige, con riferimento a fatti avvenuti in sua presenza o da lui percepiti “. E l’importanza di quanto riportato dal registro, in tutte le sue parti, non muta di certo in base alla tipologia di istituto: “il professore di un istituto legalmente riconosciuto riveste la qualifica di pubblico ufficiale, poiché l’insegnamento è pubblica funzione e le scuole legalmente riconosciute sono equiparate a quelle pubbliche.
Per la Cassazione ciò che viene indicato deve essere aderente, in maniera inequivocabile, alla realtà dei fatti: riportare dati inesatti, o addirittura opposti a come sono andate le cose, rappresenta quindi un errore non certo da reputarsi venale. Ridurre il numero di assenze può infatti comportare la cancellazione arbitraria di uno degli elementi basilari (l’assidua frequenza delle lezioni) per il giudizio finale dell’alunno. “Il falso è da considerarsi innocuo – continua la sentenza – solo nel caso in cui il medesimo risulti del tutto privo di incidenza in relazione al significato ed valore probatorio del documento: orbene, l’inveritiera attestazione operata nel registro del professore circa la presenza di un alunno, non può considerarsi tale poiché – concludono i giudici – essa investe un dato essenziale rispetto alla funzione documentale dell’atto“.
Un’ultima curiosità: i docenti dell’istituto legalmente riconosciuto non sconteranno la pena solo per la scadenza dei tempi per l’applicazione della condanna. Il reato, infatti, è stato prescritto. Il valore della sentenza no.