Tirano le somme i docenti e gli alunni coinvolti nella lunga e stenuate vertenza contro il Miur che aveva senza motivazione plausibile eliminato una delle due ore di strumento previsti nei Licei musicali.
Ed è una lettera, dai toni nobili e pacati, pubblicata su Fb dal gruppo che ha lottato, su tutti i campi, per avere giustizia, dopo la nota del ministero “n° 00422 del 20 marzo 2019 sulle disposizioni in materia di dotazioni organiche per l’a.s. 2019-2020”, con cui vengono ripristinate 400 cattedre di strumento per i licei musicali, e che finalmente dà loro ciò che è stato tolto malamente e proditoriamente.
“Per un SENSO DI RICONOSCENZA VERSO QUESTA COMINITA’, riteniamo opportuno tirare in qualche modo le somme della vicenda, da un lato RINGRAZIANDO ALCUNI e dall’altro RIMARCANDO LE RESPONSABILITA’ DI ALTRI”.
Per ottenere il diritto occorre la magistratura?
Non ci dilunghiamo ad elencare i responsabili, la nostra riflessione riguarda un altro aspetto e cioè che per ottenere ciò che per diritto aspetta, c’è sempre bisogno del Palazzo di Giustizia, di varie sentenze per non soccombere di fronte alle “indifferenze, all’abulia e agli strafalcioni” della Pubblica amministrazione.
Sembra proprio che al Miur ragionano secondo il principio del capriccio normativo, per poi attendere la reazione. Una sorta di istigazione-provocazione a rivolgersi al giudice, secondo l’idea: intanto colpiamo e poi, se la gente interessata ha forza e costanza, che ricorra alla magistratura.
Una caratteristica solo italiana
Una caratteristica questa che forse (non abbiamo dati) vige solo in Italia. E infatti non è questo dello strumento musicale il solo caso.
Diciamo che da qualche ventennio a questa parte per avere riconosciuto ciò che aspetta, la sola strada praticabile è di rivolgersi al giudice: e non è decoroso né per lo Stato, né per chi è colpito, nè per la cosiddetta utenza, né per l’opinione pubblica che spesso rimane smarrita.
Gli unici a godere di questo terribile e umiliante andazzo sono gli studi legali che hanno trovato spazio e modo per guadagnare sulla inefficienza dell’amministrazione.
Il gruppo Facebook, nella sua lettera, fa pure nomi e cognomi di chi, secondo gli amministratori del sito, ha provocato non solo danni materiali rilevanti, ma anche morali e di immagine: e soprattutto senza motivo apparente, senza una giustificazione plausibile e senza avere guardato bene le carte, le norme, le leggi.
“Il successo giudiziario di questa vicenda, che ha attraversato un percorso accidentato di quasi due anni, portando ad almeno una dozzina di sentenze di inequivocabile condanna del MIUR in ogni grado di giudizio, è stato possibile grazie ai ricorsi”.
I ricorsi, sempre ricorsi, solo ricorsi
Appunto: i ricorsi. E c’era bisogno di costringere tutti costoro a ricorrere? Non potevano i funzionari del Miur ponderare bene, ben guardare, ben consigliarsi, prima di mettere in costernazione tanta gente?
“Sull’altro piatto della bilancia -scrivono i responsabili del sito Fb- pesano i danni incommensurabili che la superficialità, gli interessi economici, quando non il cinismo, hanno causato a migliaia di studenti la cui preparazione, in un momento delicatissimo della loro formazione musicale, è stata compromessa da un ottuso taglio di natura economica”.