Tra poco il capo del Governo M5S-Lega incontrerà a Palazzo Chigi i sindacati, con un preciso scopo: scongiurare lo sciopero del 17 maggio. Si tratterebbe, infatti, di un pessimo biglietto da visita per i partiti di maggioranza, ad una sola settimana dalle votazioni che andranno a decidere quali parlamentari italiani siederanno a Bruxelles nei prossimi 5 anni.
Perché non si parlerà di aumenti stipendali
Ma cosa potrebbe dire il premier di così importante per convincere i rappresentanti dei lavoratori a desistere sullo sciopero unitario già approvato dalla Funzione Pubblica? Ricordiamo che per finanziare il rinnovo del contratto con aumenti considerevoli, sui 100 euro mensili, servirebbero qualcosa come 4-5 miliardi di euro. Ed un finanziamento così importante non crediamo che possa essere stato trovato, visto che solo pochi giorni fa nel Def non si è andati oltre 1-2 punti percentuali di incremento annuo, pari a 30 euro medi complessivi in tre anni.
Inoltre proporre aumenti di pochi euro, dopo avere annunciato stipendi europei in campagna elettorale, in particolare il M5S, indispettirebbe ancora di più i lavoratori: stiamo parlando di docenti, che percepiscono stipendi quasi dimezzati rispetto ad altri Paesi Ue; e ancora prima degli Ata, a cui si continua ad assegnare il salario più basso dell’amministrazione pubblica.
Le novità da proporre ai sindacati, quindi, passano per un nuovo assetto normativo. Ma non per la regionalizzazione, che i sindacati continuano ad osteggiare: il premier non ci risulta che il 23 aprile parlerà di autonomia differenziata.
La strada plausibile: un nuovo reclutamento per i precari storici
L’unico argomento plausibile di cambiamenti è allora quello che riguarda il precariato, che in definitiva rappresenta una delle questioni più sentite da tutte le sigle sindacali. Queste, infatti, chiedono da tempo concorsi riservati e nuovi percorsi abilitanti. In entrambi i casi per coloro che hanno svolto un numero minimo di anni di supplenze, a partire dai fatidici 36 mesi.
Al Governo non costerebbe molto dire di sì. Se non contraddicendo sé stesso, dopo che per mesi è stati detto che si sarebbe puntato tutto sui concorsi pubblici.
A far capire che c’è stato un cambio di programma in corsa, è stato il ministro dell’Istruzione, non a caso presente anche lui all’incontro con i sindacati: intervistato dalla Tecnica della Scuola, Marco Bussetti ha detto che il concorso “è un primo passo importante che mette ben chiaro un aspetto legato al reclutamento. Ma questo non nega di valutare altre possibilità”. Quelle che potrebbero essere espresse ai sindacati nel corso dell’incontro a Palazzo Chigi.