Avrà un importante seguito giudiziario la vicenda accaduta lo scorso febbraio a New York, nell’istituto Junior High School di Forest Hills, con protagonista un’alunna appena 12enne, Alexa Gonzalez, portata via in manette e condotta per tre ore nel distretto di polizia locale dopo che era stata sorpresa a scrivere sul proprio banco “Voglio bene ai miei amici Abby e Faith“. Già all’indomani dell’accaduto giunsero le proteste della stessa adolescente: “Non mi meritavo questo – disse Alexa – le scritte potevano essere facilmente cancellate“. Al trauma psicologico, dovuta all’eccessiva solerzia della polizia newyorkese, si aggiunse anche una lunga sospensione ad opera dalla scuola.
Un fatto, quest’ultimo, su cui la giovane non ebbe nulla da eccepire. Mentre l’arresto, lo stesso che si riserva ad un rapinatore, non è stato mai digerito: così ad inizio aprile il legale della famiglia di Alexa ha annunciato di aver avviato un’azione legale contro il comune di New York per le modalità con cui è stata portata via da scuola. La documentazione contenente le ragioni dell’alunna è stata già consegnata. Con una richiesta di risarcimento danni particolarmente esagerata, proporzionale al comportamento “sopra le righe” tenuto delle forze dell’ordine: un milione di dollari.
Il Dipartimento dell’Istruzione aveva già riconosciuto che l’arresto fu un errore. Come gli stessi autori dell’intervento: “Anche se ci viene richiesto di effettuare un arresto – aveva commentato Paul Browne, un portavoce della polizia – il buon senso deve prevalere in ogni situazione, e bisogna valutare se una punizione del genere sia davvero necessaria“. Ora la valutazione finale, capire se il trauma cagionato alla giovane è stato del tutto gratuito, spetterà ai giudici. Ed il fatto che ciò sia avvenuto a scuola, il luogo del rispetto delle regole e dell’educazione per eccellenza, si presuma che possa essere considerato un’aggravante.