Blitz della Polizia all’Università di Catania con il rettore Francesco Basile e altri nove docenti sospesi dal proprio incarico.
Le sospensioni sono state decise nell’ambito di un’inchiesta della quale sono indagati anche altri 40 professori di università in tutta Italia.
Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta e sono sospettati di aver truccato 17 concorsi per professore ordinario, 4 per professore associato, 6 per ricercatore.
Nell’inchiesta, coordinata dal Procuratore Carmelo Zuccaro e ai Sostituti Bisogni, Di Stefano e Vinciguerra, sono indagati:
Giacomo Pignataro, classe 1963, ex Rettore dell’Università di Catania;
Giancarlo Magnano di San Lio, classe 1963, Prorettore dell’Unict;
Giuseppe Barone, classe 1947, ex Direttore Dipartimento Scienze Politiche e Sociali Unict;
Michela Benedetta Cavallaro, classe 1962, Direttore Dipartimento Economia e Impresa Unict;
Filippo Drago, classe 1954, Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche Unict;
Giovanni Gallo, classe 1962, Direttore Dipartimento di Matematica e Informatica Unict;
Giovanni Carmelo Monaco, classe 1962, Direttore Dipartimento Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali Unict;
Roberto Pennisi, classe 1960, Direttore Dipartimento di Giurisprudenza Unict;
Giuseppe Sessa, classe 1953, Presidente del Coordinamento della Facoltà di Medicina Unict.
La misura firmata dal Gip, su delega della Procura di Catania, è stata eseguita dalla Polizia di Stato.
“Un sistema squallido”, lo ha definito il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro. “E in alcune circostanze ci sono state minacce di ritorsioni”, commenta il magistrato. “Sono molto triste perché nemmeno l’ateneo di Catania si è sottratto a queste nefandezza a queste logiche che nulla hanno a che fare con il merito”.
“Sono molto rattristata di quello che è emerso da questa indagine. Abbiamo scoperchiato una pentola che purtroppo coinvolgeva più dipartimenti dell’Università“, commenta Marika Scacco, dirigente della Digos di Catania.
Il provvedimento interdittivo è stato emesso sulla base di indagini coordinate dalla Procura Distrettuale di Catania ed eseguite dalla DIGOS – sezione investigativa – dal giugno 2016 al marzo 2018.
L’attività investigativa, condotta con l’ausilio di presidi tecnici e con servizi di tipo tradizionale, ha svelato l’esistenza di un’associazione a delinquere, con a capo il Rettore dell’Università di Catania Basile Francesco e di cui è promotore il suo predecessore Pignataro Giacomo, finalizzata a commettere un numero indeterminato di reati volti ad alterare il naturale esito dei bandi di concorso:
- per il conferimento degli assegni, delle borse e dei dottorati di ricerca;
- per l’assunzione del personale tecnico-amministrativo;
- per la composizione degli organi statutari dell’Ateneo (Consiglio d’Amministrazione, Nucleo di Valutazione, Collegio di Disciplina);
- per l’assunzione e la progressione in carriera dei docenti universitari.
Su tale ultimo aspetto giova in particolare porre in luce che il sistema delinquenziale non è ristretto all’Università etnea ma si estende ad altri Atenei italiani, i cui docenti, nel momento in cui sono stati selezionati per fare parte delle commissioni esaminatrici, si sono sempre preoccupati di ‘non interferire’ sulla scelta del futuro vincitore compiuta preventivamente favorendo il candidato interno che risultava prevalere anche nei casi in cui non fosse meritevole.
Allo stato, il Gip ha riconosciuto l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di 40 indagati coinvolti nella richiesta cautelare avanzata dalla Procura di Catania. Tutti gli indagati sarebbero stati sottoposti a perquisizioni domiciliari e a sequestro dei cellulari.
L’estrema pericolosità e la piena consapevolezza delle gravi illiceità commesse dal gruppo spinto da finalità diverse dalla buona amministrazione e volto, al contrario, alla tutela degli interessi di pochi privilegiati che condividono le condotte criminali dell’associazione a delinquere in parola, emergono inoltre dalle raccomandazioni dei sodali di “non parlare” telefonicamente o dalla volontà palesata di effettuare delle preventive “bonifiche” degli uffici pubblici per ridurre il rischio din indagini e accertamenti nei loro confronti.
L’operazione ha consentito di accertare l’esistenza di 27 concorsi truccati: diciassette per professore ordinario, quattro per professore associato, sei per ricercatore.