La contrapposizione tra i due modelli scolastici è stata messa in risalto nella presentazione del disegno di legge Aprea del 2008. Il progetto legislativo che ha dettato le linee guida della legge 107/2015: “Con la presente proposta di legge si intende proporre un modello che punti a trasformare radicalmente il governo delle istituzioni scolastiche .. che si fonda sulla iper-regolazione dello Stato.. piuttosto che sui risultati”.
Le seguenti questioni sono il fondamento della conflittualità:
Controllare i risultati o i processi?
Chi controlla i risultati considera l’ambiente di produzione come una scatola nera: gli esiti dei lavori sono il suo solo interesse.
E’ d’inaudita gravità, non solo in questo contesto, il fatto che il legislatore non sia stato in grado di definire correttamente i risultati attesi: evidentemente non conosce il significato di “obiettivi formativi prioritari” (CFR comma 7 della legge 107/2015).
Per focalizzare i processi si deve possedere una visione d’insieme dell’attività lavorativa e, se si condivide la strategia [efficacia], si può intervenire per ottimizzarne l’efficienza.
Società statica o società che evolve imprevedibilmente?
L’ossatura della buona scuola è la trasmissione delle conoscenze. La titolazione della legge lo dichiara: il servizio scolastico è orientato all’istruzione. Alla radice di tale decisione è da collocare la certezza degli assunti dell’ambiente di riferimento.
L’esplosione delle conoscenze e la loro inimmaginabile evoluzione hanno guidato gli estensori dei decreti delegati del 74. Per fronteggiare tali eventi è stato posto a fondamento del servizio scolastico lo sviluppo e il potenziamento delle capacità dei giovani. Essi devono essere in grado di interagire positivamente con ambienti ignoti.
L’educazione è la finalità del sistema.
L’attività scolastica è semplice o complessa?
La dimensione del problema ha generato il dilemma. La buona scuola vede il servizio scolastico frazionato nei diversi insegnamenti e lo semplifica. I singoli docenti, se meritevoli, saranno premiati.
La complessità del problema è stata abbattuta nel 1974, seguendo un procedendo che avanza per successive approssimazioni:
- Inizialmente è stato affrontato il rapporto scuola società (aspetto formativo) con l’elencazione delle prestazioni che gli studenti devono fornire al termine dei loro itinerari scolastici;
- Le prestazioni individuate danno accesso alla “programmazione dell’azione educativa”:
- Si esplicitano le capacità che gli studenti devono sviluppare, espresse in funzione della loro osservabilità;
- Si formulano e si gestiscono ipotesi per il loro conseguimento;
- Si valutano gli esiti e si gestisce il feed-back;
- Le ipotesi di lavoro sono rielaborate per adattarle alla specificità degli studenti delle singole classi; sono specificati i traguardi cui, nel breve periodo, tutti gli insegnamenti devono mirare;
- Chiude la scomposizione il momento esecutivo che consiste nella progettazione e nella gestione di “occasioni d’apprendimento”. Queste sono finalizzate sia alla conquista dei traguardi comuni, sia alla proposizione di una corretta immagine della disciplina.
La struttura decisionale dev’essere gerarchica o collegiale?
Il modello organizzativo lineare è struttura rigida, idoneo a dominare situazioni semplici e di facile governo.
L’aver orientato il sistema scolastico all’educazione implica il coinvolgimento di una pluralità di competenze: è da dominare un compito di smisurata ampiezza.
L’intricata situazione richiede una struttura decisionale idonea: le funzioni e i compiti sono da incrociare: il sistema deve essere dotato di meccanismi d’autoregolazione.
Enrico Maranzana