Oggi nel pomeriggio si terrà probabilmente un nuovo vertice sull’autonomia differenziata coordinato dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Dopo la questione della scuola, affrontata nella precedente riunione, i riflettori saranno puntati sulla materia dei beni culturali, in particolare sulle sovrintendenze.
Quanto costa?
Ma il tema che pesa di più su tutto è l’aspetto finanziario. Quanto costa l’autonomia e soprattutto chi la paga?
Fondo di perequazione
Altra questione da chiarire riguarda il fondo di perequazione, per consentire alle regioni più povere e con meno capacità fiscale di non restare indietro e disporre delle risorse sufficienti per garantire un livello adeguato di servizi. Tutte domande senza risposte ancora, o almeno con interlocuzioni fumose.
Il nodo rimane la scuola
In ogni caso il nodo più delicato rimane la scuola. Per il Movimento 5 stelle il rischio è di avere scuole di serie A e serie B, per cui sembrerebbe che sia stato soppresso l’articolo che prevedeva l’assunzione diretta dei docenti su base regionale, come chiedeva la Lega. E così pure niente concorsi regionali né differenze di stipendi tra prof e personale della scuola delle varie regioni e il mantenimento dell’unitarietà del sistema scolastica, punto definito anche dal premier Giuseppe Conte imprescindibile.
7 anni di permanenza?
Resta invece la possibilità, d’intesa fra le regioni e il ministero dell’Istruzione, di aumentare fino a sette anni il periodo di permanenza obbligatoria dei docenti nella sede di prima assegnazione/titolarità.
I Concorsi
Altre novità per il personale: i concorsi continueranno a essere banditi dal Miur anche se saranno svolti su base regionale. Anche il “curriculo scolastico” rimane di competenza nazionale, fatte salve le quote di autonomia. Le regioni, fermo restando il monte ore obbligatorio previsto dagli attuali ordinamenti, avranno invece qualche spazio in più, per esempio, nel rafforzare i percorsi di alternanza scuola-lavoro.
Il fisco
Per quanto riguarda il fisco. L’ultimo accordo trovato è che le competenze in più chieste dalle tre Regioni saranno finanziate cedendo loro una quota dell’Irpef, generata sul territorio. Ma per chi teme una ‘secessione’ mascherata, il rischio è che alla fine al ricco nord arrivino più soldi. Secondo i programmi iniziali, entro 3 anni i finanziamenti statali verrebbero assegnati alle Regioni dell’accordo, sulla base dei cosiddetti costi standard. Ma se quei costi non verranno individuati, le risorse non potranno comunque essere meno del valore medio nazionale pro-capite della spesa statale.
Al nord però la spesa pro capite per molti servizi è più bassa della media italiana, quindi andrebbe integrata. In una delle riunioni a Palazzo Chigi un’intesa provvisoria è stata trovata: per i primi tre anni i trasferimenti finanziari si basano su costi storici, poi entrerà in vigore il principio del fabbisogno standard.
Ma alle Regioni del Nord fa gola la gestione di aeroporti, autostrade e ferrovie.
Altre questioni calde sono la sanità, su cui le Regioni guidate da Zaia e Fontana chiedono un netto allargamento delle competenze legislative, e i poteri delle soprintendenze. La Lombardia ad esempio chiede di avere autonomia sulla gestione della pinacoteca di Brera o del Palazzo Ducale di Mantova, compresi soldi e personale in più. Ma il ministero dei Beni culturali non ci sta.