Home Archivio storico 1998-2013 Università e Ricerca Fare il ricercatore di professione? In Italia è molto più difficile

Fare il ricercatore di professione? In Italia è molto più difficile

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Per un giovane studente italiano riuscire a diventare ricercatore rappresenta un obiettivo sicuramente più difficile rispetto ad un cittadino coetaneo residente nella maggior parte degli altri Paesi avanzati: il dato proviene dal Cnr, dopo che nella ‘Giornata Internazionale del Migrante’, il 18 dicembre, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha denunciato che“a lasciare il nostro Paese non solo per determinati periodi, ma definitivamente, sono spesso brillanti laureati e ricercatori, tecnici, imprenditori, personale altamente qualificato“.
Il Ceris-Cnr, che sul tema ha pubblicato di recente l‘ampia documentazione “Scienza e tecnologia in cifre 2010”, ha spiegato che i lavoratori che nella Penisola operano nell’ambito della ricerca è inferiore alla media dell’Ue e in deciso ritardo se si guarda ai Paesi del Nord Europa, al Giappone e buona parte dell’Ue più avanzata.
In base a quanto riportato dall’istituto di ricerca sull’impresa e lo sviluppo del Consiglio nazionale delle ricerche, nel 2007 il personale di ricerca impegnato in Italia, in rapporto a mille unità di forza lavoro, si ferma a quota 8,43: nell’Ue a 27, invece, la media è di 9,97. Il record di presenza di ricercatori, sempre ogni mille lavoratori, è della Finlandia (20,87), seguita dalla Danimarca (16,21) e dalla Svezia (15,88). Ben sopra la media sono anche il Giappone (14,06) la Danimarca (13,60) e la Francia (13,10). Sopra quota 12 si collocano anche Austria, Belgio, Germania, Russia e Svizzera. Il Paese con meno ricercatori? Di gran lunga la Cina, dove operano appena 2,23 ogni mille lavoratori. A sorpresa, ma non troppo, però la Cina è anche il Paese dove si producono più pubblicazioni scientifiche (il 7,49% di tutto il mondo), segnale evidente che i ricercatori del nel ‘sol levante’ viaggiano su ritmi produttivi di gran lunga maggiori. Per quanto riguarda sempre le pubblicazioni, l’Italia si colloca a metà classifica: il 3,50%, prima della Spagna, ma dopo Canada, Francia, Germania Regno Unito e Giappone.