Malgrado Governi, legislatori e giudici, su tutti velo&mark=”>due anni fa la Corte europea dei diritti dell’uomo, abbiano ribadito la necessità di preservare la laicità nelle scuole, anche a scapito di culture e tradizioni, non mancano le proteste da parte di associazioni ed organismi di parte. Stavolta ad esternare tutta la propria contrarietà a quella che nelle nazioni più avanzate è più che una tendenza, è stata la comunità islamica albanese, la quale si è detta profondamente contraria all’annunciata nuova legge per l’Istruzione nazionale sul divieto del velo nelle scuole pubbliche elementari e superiori. Il testo non è ancora approvato, ma vi sono alte possibilità che ciò avvenga.
L’Associazione degli imam albanesi ha così chiesto ufficialmente al proprio Governo di non vietare il velo, perché da diversi secoli “rappresenta una questione centrale per l’identità religiosa“. Obiezioni sono state mosse anche dalla società civile ed associazioni non governative, che si stanno anche adoperando per la presentazione di emendamenti in Parlamento alla bozza di riforma presentata.
Al contrario, come già altri stati balcanici a maggioranza musulmana – è il caso del Kosovo – il Governo di centro-destra di Tirana, guidato dal premier Sali Berisha, considera il divieto dei simboli religiosi una importante garanzia di laicità e sicurezza, anche in chiave delle proprie aspirazioni di adesione all’Unione europea. In Albania circa due terzi dei 3,2 milioni di abitanti è di fede musulmana, la quale ha una declinazone tradizionalmente moderata nei Balcani. Tuttavia, dopo il crollo dei regimi comunisti, all’inizio degli anni Novanta, un forte riavvicinamento alla religione – spesso con risvolti di fanatismo – va registrato nell’intera regione. Resta ora da capire chi la spunterà sulla diatriba del velo: il Governo oppure la tradizione, difesa a spada tratta da una cospicua fetta di albanesi?
Al contrario, come già altri stati balcanici a maggioranza musulmana – è il caso del Kosovo – il Governo di centro-destra di Tirana, guidato dal premier Sali Berisha, considera il divieto dei simboli religiosi una importante garanzia di laicità e sicurezza, anche in chiave delle proprie aspirazioni di adesione all’Unione europea. In Albania circa due terzi dei 3,2 milioni di abitanti è di fede musulmana, la quale ha una declinazone tradizionalmente moderata nei Balcani. Tuttavia, dopo il crollo dei regimi comunisti, all’inizio degli anni Novanta, un forte riavvicinamento alla religione – spesso con risvolti di fanatismo – va registrato nell’intera regione. Resta ora da capire chi la spunterà sulla diatriba del velo: il Governo oppure la tradizione, difesa a spada tratta da una cospicua fetta di albanesi?