Sono un ex concorrente (non ammesso all’orale) del Concorso per Dirigenti Scolastici 2017, il cui elaborato è stato corretto dalla Commissione 30 Sardegna.
Da qualche giorno è stata pubblicata la graduatoria finale del concorso per il reclutamento di dirigenti scolastici 2017 ed è tempo di consuntivi. Certo, consuntivi provvisori. L’attesa sentenza del Consiglio di Stato sull’annullamento del concorso non lo permetterebbe, ma quanto meno sulle prove scritte è possibile cimentarsi in resoconti attendibili.
La stessa graduatoria finale con il solo punteggio totale conseguito dai candidati “vincitori” e “idonei” rende ancora più evidente che il livello di trasparenza del MIUR, già molto intorbidito da quell’elenco alfabetico di nominativi senza punteggio, propinato ai concorrenti come ammissione all’orale, non è stato all’altezza di una procedura concorsuale così importante per la scuola italiana.
Ma, nonostante la reticenza di Viale Trastevere nell’offrire dati e atti che avrebbero potuto spiegare e dare conto dell’operato delle commissioni di valutazione, gruppi di concorrenti, costituitisi in comitati, hanno comunque proceduto a raccogliere i numerosissimi contributi: schede di valutazione, elaborati, verbali, che gli stessi si sono prodigati a condividere, realizzando un prospetto sintetico sull’andamento della prova scritta, con le percentuali di ammessi alla prova orale distinte per commissione.
Dal prospetto emerge chiaramente che la valutazione e il relativo esito della prova scritta non è stata soggetta a una “dispersione naturale” e che su di essa sembrerebbero essere intervenute quelle che in gergo statistico sono dette “cause esterne o speciali”.
In questa “innaturale” dispersione statistica spicca in modo rilevante il dato della commissione 30, quella con la più bassa percentuale di ammessi all’orale, solo uno scarso 9%, di gran lunga inferiore alla media delle percentuali delle altre commissioni.
Questa estrema variabilità dei risultati non ha minimamente interessato il MIUR. Forse non era tra i suoi compiti vigilare e capire se le valutazioni avvenissero nel rispetto dei criteri e, soprattutto, nella limitazione della discrezionalità dei valutatori, al fine di garantire un’uniforme valorizzazione dei più meritevoli. Bisognava sbrigarsi, bisognava avere dirigenti per il prossimo anno scolastico. Controllare? È una perdita di tempo.
Ma, il risultato così basso della commissione 30 suscita a tutti quanto meno curiosità e a chi ne è coinvolto motivi di riflessione.
Considerato che il risultato della commissione 30 si è “innaturalmente” disperso nella statistica riportata, quali sono state, allora, le “cause esterne o speciali” che lo hanno determinato?
Forse una causa esterna è da attribuire al famoso software di assegnazione casuale degli elaborati alle diverse commissioni? Forse è stato programmato su modelli di reti neuronali dotandolo di strutture cognitive in grado di valutare il contenuto degli elaborati e di destinare i peggiori alla commissione 30? Questa fantasia tecnologica, seppure affasciante, è certamente improbabile e non si ritiene che possa essere presa in considerazione come causa esterna.
Bisogna cercare altrove. Né si vuole dare credito a voci, la cui veridicità è tutta da dimostrare, che attribuiscono alla commissione 30 la funzione di commissione cuscinetto, cioè quella che avrebbe dovuto bilanciare i risultati estremamente positivi di altre commissioni. Anzi, ci si è persuasi che le cause che sono maggiormente intervenute nella determinazione degli scadenti risultati dei candidati della commissione 30, non sono esterne, sono speciali, sono endogene alla commissione stessa, rilevano dalle specializzazioni dei suoi membri e da come hanno operato nella valutazione.
La commissione 30 era formata dal presidente, prof. Massimo Arcangeli, docente di filologia e linguistica italiana presso l’Università degli studi di Cagliari, autorevole esperto in materia con numerose pubblicazioni e riconoscimenti nazionali e internazionali; dal commissario, prof. Roberto Pianta, dirigente scolastico del Liceo Classico “G.M. Dettori” di Cagliari, con una laurea in Lettere moderne ad indirizzo filologico letterario; dal dott. Sergio Repetto, dirigente amministrativo dell’USR Sardegna, con una laurea in Scienze Politiche ad indirizzo politico economico, con un passato professionale nell’amministrazione di aziende ospedaliere. Una commissione sulla carta ben formata, con elevate competenze individuali, che avrebbe dovuto garantire performance valutative di alto livello.
Ma è proprio sulla valutazione che si sono riscontrate alcune anomalie. La griglia di valutazione prevedeva quattro criteri: 1. Coerenza e pertinenza, 2. Inquadramento normativo, 3. Sintesi, esaustività e aderenza, 4. Correttezza logico formale, quest’ultimo composto da due indicatori: proprietà linguistico-espressiva e costruzione logica.
Dall’analisi di numerose schede di valutazione, condivise tra i candidati, molte di queste presentano punteggi elevati nei primi tre criteri e un punteggio bassissimo, in alcuni casi pari a zero, nell’ultimo criterio, la correttezza logico formale. La domanda che sorge spontanea è: come può essere possibile che la risposta ad un quesito, ritenuta dalla stessa commissione coerente, pertinente, sintetica, esaustiva, aderente e con adeguati riferimenti normativi, possa essere stata espressa con scarsissima proprietà linguistica e illogicamente costruita?
Sorge il dubbio che la specializzazione di alcuni membri della commissione abituati a valutare strutture linguistiche in stile più evocativo, metaforico, personalizzato, abbia fatto perdere di vista il significato che il quarto criterio aveva nell’economia generale del punteggio da attribuire alla risposta. L’uso del linguaggio è strumentale all’esplicitazione della competenza del dirigente scolastico, se si ritiene che la competenza sia stata esplicitata, come rilevano i punteggi dei primi tre criteri, l’uso del linguaggio non può che essere adeguato al suo scopo.
Immaginate dirigenti che scrivono determinazioni, atti amministrativi, circolari, con una struttura linguistica evocativa, metaforica, personalizzata? Sarebbe l’antitesi dell’espressività linguistica richiesta al dirigente scolastico, l’antitesi del linguaggio tecnico, diretto, impersonale necessario per dirigere e amministrare. Tanto più che le domande dei quesiti richiedevano sinteticità ed esaustività, senza disperdersi in costrutti linguistici certamente più raffinati ma meno sintetici ed esaustivi.
A questa anomalia riscontrata dall’analisi delle schede di valutazione e dagli elaborati, se ne aggiunge un’altra, evidenziata dall’analisi dei verbali di correzione, e riguarda la disapplicazione del processo di valutazione selettiva da parte della commissione.
La procedura concorsuale è una procedura selettiva, atta, appunto, a selezionare i più meritevoli in grado di ricoprire il ruolo di dirigente scolastico. Ciò significa che nella valutazione selettiva non è sufficiente attribuire un punteggio assoluto in base ai criteri (tra l’altro raramente elevato al massimo dalla commissione, anche di fronte a risposte impeccabili), ma valutare anche se la prova scritta nella sua globalità fosse espressione delle competenze richieste e quindi selezionabile per permettere al candidato di proseguire nelle fasi concorsuali.
La consapevolezza di essere di fronte ad una valutazione selettiva, la commissione l’ha testimoniata solo nel verbale del 7 marzo 2019, quando al termine della valutazione di tutte le prove, resosi conto, forse, dello scarso numero di ammessi all’orale, ha, citando testualmente il verbale,” proceduto […] alla rilettura di tutti gli elaborati e ha ritenuto, all’unanimità, di procedere alla rivalutazione dei seguenti scritti: […], anche in considerazione del punteggio positivo ottenuto nella prova in lingua”. Un maldestro tentativo di applicare una valutazione selettiva, fino a qual momento dimenticata, utilizzando di fatto un altro criterio di valutazione non previsto dalla griglia elaborata dalla commissione madre.
Lo stesso Presidente della commissione, il prof. Massimo Arcangeli, in un post su Facebook, il 6 giugno 2019, in risposta ad un’intervista rilasciata dalla deputata Lucia Azzolina, subito dopo lo svolgimento della prova orale della candidata nella sua commissione, scrive testualmente che “…. Abbiamo fatto magari qualche errore – e ci è stato anche giustamente rimproverato -, ma posso garantire che l’abbiamo commesso in piena buona fede. …”.
Seppure in buona fede, chi paga le conseguenze di questi errori?
L’interpretazione specialistica della correttezza logico formale e l’assenza di una visione d’insieme delle prove da parte della commissione 30 hanno sottratto quei punti fondamentali per il proseguimento del percorso concorsuale di molti candidati, il cui “nitrito” di cavalli in corsa, in alcuni casi anche di razza, è stato declassato a “raglio”, a raglio di somari, i Somari della commissione 30.
Luigi Fabbrizio