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Facebook, se anche i docenti peccano di superficialità…

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Facebook può essere utilizzato per tanti scopi: dal semplice comunicare a distanza in tempo reale al conoscere miriadi di persone nuove, fino a trovare l’anima gemella o semplicemente tentare di ritrovarsi con i compagni di scuola. Non di rado, però, si va oltre. E non solo perché le conoscenze si rilevano deludenti, se non pericolose. Facebook può diventare un vero e proprio “assorbitore” di tempo, di attenzione e di energie mentali.
Lo sanno bene i docenti, che a scuola hanno da tempo messo al bando l’utilizzo dei social network, in grado di monopolizzare l’attenzione degli studenti a discapito dell’apprendimento. E non solo: l’uso inappropriato di un social network può determinare gravi conseguenze. Il motivo? Semplice: quel che si scrive o si pubblica può rimanere in memoria, determinando una prova ineccepibile.
La mancanza di coscienza di questi rischi, però, non figura solo tra gli studenti. Anche tra gli insegnanti vi è tanta superficialità. Quella che, probabilmente, ha messo in atto un docente romano precario di educazione fisica nel giugno di due anni fa, mentre era in servizio in una scuola media di Salerno: confidò su Facebook il suo parere, non proprio positivo, sull’operato del proprio dirigente scolastico. Tra le critiche al capo d’istituto, ‘postate’ sul social network, figurerebbe anche quella di aver affidato dei lavori di manutenzione della palestra d’istituto ad un suo parente e con pessimi risultati.
Il dirigente scolastico, venuto a conoscenza delle confidenze non proprio riservate a pochi intimi, non la prese bene: prima di tutto denunciò il docente, poi trovò il modo di non confermargli la supplenza annuale di educazione fisica. Non solo: denunciò tutto alla Procura di Salerno. Così scattarono le indagini. Che, a distanza di due anni, sono giunte alla conclusione: per il docente è scattato un avviso di garanzia. L’accusa è diffamazione dell’onore e del decoro del proprio preside. Per gli avvocati del docente si tratta di un’interpretazione sganciata dalla realtà: “la sua volontà – fanno sapere – era solo quella di comunicare privatamente con i propri amici”. Lo scontro ora si sposta in Tribunale.