Tra le richieste giunte in redazione in merito all’iniziativa “Dillo al Minsitro” c’è l’annosa questione degli Ata-itp ex enti locali: da vent’anni questi lavoratori chiedono di essere equiparati agli altri colleghi che lavorano nelle scuole.
Riportiamo di seguito il contributo del comitato nazionale ATA- ITP ex Enti Locali.
La Corte Europea dei diritti dell’Uomo bacchetta ancora l’Italia per la mancata applicazione delle decisioni Agrati c. Italia del 7 giugno 2011 e dell’8 novembre 2012, inerenti gli inquadramenti del personale ATA-ITP ex EE.LL. coattivamente trasferito nei ruoli del Miur. nel lontano 2000, nonostante allo stato attuale ben 9 sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (cfr. le sentenze Agrati e altri c. Italia del 7 giugno 2011, Anna De Rosa e altri c. Italia dell’11 dicembre 2012, Montalto e altri c. Italia del 14 gennaio 2014, Biasucci e altri c. Italia del 25 marzo 2014, Bordoni e altri c. Italia, del 13 maggio 2014, Caponetto c. Italia del 13 maggio 2014, Peduzzi e Arrighi c. Italia del 13 maggio 2014, Marino e Colacione c. Italia del 13 maggio 2014 e Caligiuri e altri c. Italia del 9 settembre 2014) abbiano rimarcato il contrasto dell’art. 1, comma 218, della legge finanziaria n. 266 del 2005 con l’art. 1 del Prot. 1 e l’art. 6 della CEDU..
Nella riunione n. 1348 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, svoltasi il 4-6 giugno 2019, detto Comitato ha difatti guardato con preoccupazione la mancata risoluzione della problematica, ormai ventennale, del personale in questione, i cui inquadramenti stipendiali sono stati operati con l’applicazione della norma contenuta nell’accordo ARAN- CGIL, CISL, UIL e SNALS del 20 luglio 2000 (recepito con D.M. 5/4/2001), che prevedeva l’inserimento nei ruoli del MIUR. desumendo la fascia di inquadramento dal trattamento economico fondamentale erogato dal comune o dalla provincia di provenienza nel 1999, senza considerare inoltre i premi incentivanti, l’indennità di rischio e tutte le altre voci del salario accessorio, pure corrisposte in via continuativa dagli enti locali di provenienza e non attribuite più dal 1° gennaio 2000, a causa dell’applicazione dei CCNL della Scuola.
Tale operato risulta palesemente illegittimo, in quanto contrastante con l’art. 8 della L. n. 124/99, che imponeva al MIUR di inquadrare il personale sulla scorta dell’anzianità di servizio maturata negli Enti locali di provenienza, e ha causato danni economici rilevanti (stipendi e pensioni) al personale coinvolto dal trasferimento.
Tutto ciò è proseguito, da parte del MIUR e del Tesoro, anche dopo la declaratoria della nullità dell’accordo ARAN. datato 20/7/2000, accertata dal Tribunale di Venezia, con la sentenza n. 412/2004 (confermata dalla Cassazione SL. con la sentenza n. 4045 del 14 marzo 2012), per contrasto con l’art. 8 della L. n. 124/99; il terzo Governo Berlusconi con la legge finanziaria n. 266 del 2005, ha infatti sostanzialmente abrogato l’art. 8 della l. n. 124/99, sancendo che l’inquadramento non deve essere effettuato in base all’anzianità maturata, come sancito dall’art. 8 della L. n. 124/99, bensì in base al maturato economico, dando così dignità normativa all’accordo del 20 luglio 2000.
Quest’ultima legge contrariamente da quanto sostenuto dal Governo italiano non “allevia” il danno subìto dal personale ATA trasferito nei ruoli del MIUR. in quanto secondo il consolidato insegnamento della Cassazione l’inquadramento ex lege n. 266/2005 va fatto senza tenere conto dei premi incentivanti e delle altre voci del salario accessorio percepite fino al 1999, con conseguente sostanziale abbassamento del trattamento economico complessivamente percepito nel 1999.
Si ritiene doveroso evidenziare al riguardo come lo Stato italiano ha reiteratamente rassicurato la Corte europea dei Diritti dell’Uomo sul fatto che la l. n. 266/2005 garantirebbe ai trasferiti la salvaguardia del trattamento economico complessivo in godimento, mentre in realtà ciò non avviene, perché l’attuale inquadramento non prende affatto in considerazione il maturato economico complessivo, comprensivo di tutti gli emolumenti percepiti fino al 1999, bensì solo le voci retributive fisse e continuative, con conseguente mancata considerazione della produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale e delle altre voci del trattamento accessorio.
Lo Stato Italiano, nonostante gli artt. 32, 35, 41 e 46 della CEDU. e il principio di effettività della tutela giurisdizionale, consacrato nell’art. 13 della CEDU., non si è conformato alle sentenze definitive Agrati della Corte Europea, né ha adottato alcuna misura generale di recepimento delle sentenze della Corte EDU., che hanno accertato il contrasto della l. n. 266/2005 con l’art. 1 del protocollo 1 alla CEDU.
Non solo; lo Stato italiano nel Documento DH-DD (2013) 287 del 12/3/2013 ha comunicato al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che il Governo italiano non ha abrogato la legge n. 266/2005, né adottato altra misura generale ai sensi dell’art. 46 della CEDU. in quanto i Giudici interni avrebbero recepito le sentenze Agrati, disapplicando la legge n. 266/2005, quando invece sia i Giudici di merito che la Cassazione si sono costantemente rifiutati di recepire le sentenze Agrati, poiché sostengono che la legge n. 848/1955 (che ha ratificato la CEDU.) sarebbe una mera legge ordinaria, che non consente la disapplicazione della l. n. 266/2005, e che le sentenze Agrati non sarebbero vincolanti per i Giudici interni, in quanto l’interpretazione della CEDU. fornita dalla Corte Costituzionale italiana prevarrebbe su quella espressa dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
La Corte Costituzionale continua inoltre ad avallare legge retroattive, facendo spesso un uso «manipolativo» delle sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo (Corte cost., sentenza n. 108/2019, Corte cost., sentenza n. 24/2018, Corte cost., sentenza n. 166/2017, Corte cost., sentenza n. 214/2016, Corte cost., sentenza n. 132/2016, Corte cost., sentenza n. 127/2015, Corte cost., sentenza n. 227/2014 e Corte cost., sentenza n. 156 del 2014).
Lo stesso Comitato ATA-ITP ex Enti Locali, che rappresenta di fatto detto personale, denuncia da tempo l’illegittimità del comportamento dello stato italiano e la “nullità” dei decreti emessi dal MIUR., con cui si sono INGIUSTAMENTE costretti i dipendenti a restituire ingenti somme percepite in oltre un decennio in forza dell’inquadramento sulla scorta dell’anzianità, ottenuto sotto la vigenza dell’art. 8 della l. n. 124/99 e in conformità a quanto avevano statuito la Cassazione (cfr. le sentenze n. 3224 del 17 febbraio 2005, n. 3225 del 17 febbraio 2005, n. 7747 del 15 marzo 2005, n. 3356 del 18 febbraio 2005, n. 4722 del 4 marzo 2005, n. 7747 del 14 aprile 2005, n. 18652- 18657 del 23 settembre 2005 e n. 18829 del 27/09/2005) e il Consiglio di Stato (v. le decisioni n. 4142/2003 e n. 5371/2005)! Da qui – denuncia il nostro Comitato – ovviamente scaturiscono anche stipendi e pensioni penalizzati e discriminanti rispetto ai colleghi gìà statali.
Tutto ciò a parità di compiti e mansioni svolte e di anzianità lavorativa.
Quanto sopra – denuncia il nostro Comitato – nonostante gli incontri ultimi, avvenuti a vari livelli istituzionali e anche con il Governo del cambiamento, che tuttavia ha preferito, come i governi precedenti, non agire! (Incontro Sottosegretario Giuliano 16 ottobre 2018, Incontro Ministro Bussetti 15 gennaio 2019, Incontro Funzionari MISE 13 maggio 2019, Incontro Funzionari Min. Lavoro 17 maggio 2019).
L’ultimatum del Comitato dei Ministri dell’Unione Europea – secondo i responsabili del Comitato ex Enti Locali – EVIDENZIA il comportamento IRRESPONSABILE dei sindacati firmatari dell’accordo con l’ARAN che, causando danni ingenti a migliaia di lavoratori, continuano a tenere la testa sotto la sabbia e restano in vergognoso silenzio nonostante condanne a raffica della Corte Europea dei diritti dell’uomo, e CONDANNA, senza alcuna possibilità di appello, l’atteggiamento dei governi succedutisi in questo ventennio, incluso questo ultimo, definitosi “Governo del Cambiamento” ma di fatto “omertoso” su questo argomento, come i precedenti.
Come funziona “Dillo al ministro Fioramonti”
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