“Ragione significa manifestazione degli esseri ad una conoscenza vera preoccupata della loro presenza in originale, della loro presenza nella propria identità di esseri o della loro presenza in quanto esseri. Presenza che nel volto dice e dichiara la concretezza dell’altro, quale alterità assoluta” (Emmanuel Lévinas).
E i nostri volti sono quelli dei ragazzi che ogni giorno incontriamo, ritrovandoci, tra i banchi delle classi. Ragazzi che ci danno il buon giorno tra voci un po’ addormentate o meste di preoccupazione per una interrogazione da affrontare o un compito da superare.
Sono volti che si raccontano, ci raccontano la loro storia talvolta di disagio, talvolta di nulla e di tutto, talvolta di pienezza, ma tutte accomunate da un unico luogo: il Domani, il senso da dare a questo loro impegno di studenti, il valore da dare allo studio, agli anni di studio da affrontare, anche nell’incoscienza intesa quale immaturità dettata dalla età ( parlo anche di ragazzi di prima o seconda casse, oltre che ai prossimi ali esami di Stato).
I volti che lasciano un margine allo scrutare dal nostro attento e sensibile sguardo, per appena scorgere il retro tacito perché personale, intimo. E comprendi che una parola, una frase può segnare per sempre quei volti, o in senso positivo o in senso decisamente negativo: in questo si gioca il loro futuro, o meglio si gioca il nostro ruolo di insegnanti, e di persone con le nostre sensibilità, con la nostra esperienza umana di adulti, che in umiltà si chinano, devono chinarsi, per meglio ascoltare, per meglio attentare quei volti.
E quando quello scorcio diviene orizzonte aperto, quadro ai nostri occhi, comprendiamo che sono consegna da non tradire, da non violare, ma carezzare semplicemente con delicatezza come una pennellata che tende a dare luce ai colori già luminosi o talvolta opachi, di questi volti, di queste storie. Un abbraccio in fiducia, che è consegna. La loro.
E non c’è necessità o urgenza, anzi non ci si pensa proprio a codificare, a denominare: nessun Pof, nessun Pon, nessun Coding, nessun termine tecnico di natura pedagogica o psicologica a cui siamo oramai obbligati per chiudere nei recinti dello scienzismo ogni fare e dire scolastico: come se i soggetti siano un po’ animali da laboratorio da studiare per giungere a teorie atte alla risoluzione di problemi di natura comportamentale, dimenticando che l’essere umano è innanzitutto una Persona, un Soggetto pensante, e con una Dignità che è storia, vita, libertà.
Non è nella codificazione comportamentale a cui seguono le mille teorie che possiamo trovare la risposta più adeguante atta alla risoluzione di un fare o di un essere che oltremodo risponda alle esigenze più generiche e generali della società. E’ in quel docere inteso quale relazione umana prima (nel rispetto certo dei ruoli) a cui si accompagna quel che oggi codifichiamo come Conoscenza Apprendimento Competenza. L’uomo è tutto questo. E’ anche tutto questo. Anche (non soltanto, cioè).
Perché prima c’è tutto un tessuto impossibile da racchiudere, catalogare, scientizzare. Prima e dietro a tutto c’è l’Uomo. Nel nostro caso i nostri studenti. Con tutto quello che ciò o essi comportano, anche dinanzi alla ignoranza dilagante o comportamenti talvolta violenti ineducati violenti, che sono frutto spesso se non sempre di quell’abbandono sociale e privato a cui le nostre nuove generazioni sono destinate quotidianamente.
Essere insegnanti è tutto questo, oltre o in interazione col lavoro specifico che diamo nome di didattica. Tutto il resto è e resta fumo negli occhi.
Ragione significa manifestazione degli esseri ad una conoscenza vera preoccupata della loro presenza in originale. Ed ogni giorno malgrado le difficoltà e i non riconoscimenti, nel silenzio che è umiltà, e non ostentazione, si racconta scrivendosi questa Ragione: per questo la Scuola ancora è VIVA.
E lo sarà, perché il fondamento dell’essere Scuola, il docere inteso appunto quale veicolo di conoscenza formazione culturale ed etica, non potrà mai essere altro da ciò. Perché la Scuola, nasce a tal guisa. E’ nella sua natura. E per questo cari Politici, Sindacati, Genitori, Società Civile, la professione Insegnante è il dono più bello che si possa offrire, consegnare, ad un cittadino.
Per questo, malgrado ogni trattamento, ogni violenza, ogni denigrazione, ogni abuso di potere nell’autorità delirante di onnipotenza, in ogni atto di “carità” politica, Siamo orgogliosi di essere Scuola.
E non vi è soldo che possa ripagare l’impegno che è senza retorica dedizione in amore nel riconoscimento dell’altro, in quei volti, che ci interrogano, ci invitano, si affidano, credono. E noi a non mai tradire.
Mario Santoro