Sulle assunzioni dei 30.308 docenti e dei 36.000 Ata siamo ormai al “tutti contro tutti”. A far scoppiare liti, dissapori e polemiche sono state alcune delle novità che caratterizzeranno questa tornata di contratti a tempo indeterminato: tutto ha avuto inizio con la cancellazione del primo scatto automatico in busta paga per coloro che verranno immessi in ruolo con meno di otto anni di carriera (salvo poi recuperarlo con lo scatto successivo, all’inizio del nono); poi si è avuta la notizia che i nominativi di un terzo dei docenti da assumere saranno estrapolati utilizzando le vecchie graduatorie; infine ad alimentare la tensione ci si è messa anche la Cisl Scuola rendendo pubblica la tabella (ufficiosa) di suddivisione dei posti a livello regionale.
Durante i primi giorni hanno primeggiato le dichiarazioni dei sindacati, in particolare dei Confederali alle prese con una spaccatura senza precedenti. Poi sono entrati in scena i politici: da una parte quelli dell’opposizione, con l’on. Tonino Russo(Pd) a difendere i candidati del Meridione ricordando “che non si possono fare assunzioni da graduatorie dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale” e facendo capire che si andrà incontro ad una nuova ondata di ricorsi. Trionfanti, invece, quelle di Mario Pittoni (Lega), secondo cui la soluzione dei 10.000 docenti da assumere sulla base delle liste di attesa con le “code” (voluta fortemente dallo stesso Carroccio) è un successo perché così si salveranno “migliaia di docenti del Centro-Nord” che in occasione dell’aggiornamento del mese scorso sono stati “scavalcati dai colleghi del Sud in possesso dei famosi superpunteggi dopo la riapertura delle graduatorie”.
Ora è la volta degli assessori del Nord. Anche se nei scorsi giorni Miur e sindacati hanno assicurato che il numero di posti da immettere in ruolo verrà deciso in modo proporzionale a quelli liberi (si moltiplicherà in pratica il loro numero per il coefficiente standard uguale per tutti), l’8 agosto gli assessori all’Istruzione di Veneto, Lombardia, Piemonte e Friuli – cui sembra si sia aggiunto anche quello del Lazio – hanno inviato un documento al ministro Gelmini e Stella Targhetti, presidente della IX commissione della Conferenza delle Regioni, per evitare che al Sud vengano assegnati posti in eccesso.
Elena Donazzan (Pdl), assessore all’Istruzione della Regione Veneto, ha spiegato che si tratta di un atto ufficiale per scongiurare “segnali preoccupanti. Per il momento solo vox populi, certo, ma le intenzioni erano le stesse di sempre: più immissioni in ruolo del previsto in molte regioni del sud. Così abbiamo preferito un’azione preventiva”, ha concluso Donazzan. Un’azione, aggiungiamo noi, che però non sembra trovare riscontro nel prospetto di suddivisione reso noto dalla Cisl da cui risulta che se si eccettua la Sicilia le Regioni del Sud, assieme a Liguria e Friuli, saranno quelle con meno posti assegnati.
Insomma, ognuno sembra avere ragioni da vendere. Il ministero per ora tace: a viale Trastevere avranno pensato che è meglio rimandare le polemiche a dopo Ferragosto. Quando le suddivisioni diverranno di pubblico dominio. E l’attenzione si sposterà sulle operazioni da mettere in atto per cercare di chiudere tutto entro il 31 agosto.