Sono passati alcuni giorni dalla manifestazione del 15 ottobre a Roma, ma dell’evento non rimane nulla se non le devastazioni messe in atto dai black bloc: alcune centinaia di giovani tra i 17 ed i 30 anni sono giunti nella capitale con il preciso intento di monopolizzare la scena disintegrando vetrine, cassonetti, automobili e persino una madonna sottratta da una chiesa. Dei contenuti della protesta, dei motivi della manifestazione internazionali, non si è saputo praticamente nulla. Eppure si tratta di contenuti importanti e di attualità. Di cui sentiremo parlare nelle prossime settimane, violenti permettendo, perché all’indomani degli scontri di Roma gli “indignados”, i manifestanti pacifici, hanno promesso di organizzare al più presto nuove iniziative. Attraverso le quali torneranno a rivendicare, assieme ai rappresentanti di organismi associativi, sindacali e politici, un vero welfare a sostegno delle nuove generazioni. E non solo in Italia: il 15 ottobre i giovani hanno sfilato in 712 città di 71 Paesi sparsi nel mondo.
Il senso delle proteste è stato ben riassunto dagli studenti della Sapienza in mobilitazione. I giovani dell’ateneo più grande d’Europa hanno ripreso uno degli slogan di Occupy Wall Street, il movimento di protesta che è iniziato a New York: “Noi siamo il 99 per cento”, coniato dai ragazzi americano per opporsi al potere finanziario e per imporre con forza il tema della redistribuzione al centro dell’agenda politica americana. “Anche noi siamo quel 99% della popolazione che non vuole pagare la crisi del debito pubblico del nostro Paese, quel 99% che pretende democrazia reale, quel 99% convinta che la scelta del pareggio di bilancio non sia la priorità, di fronte al rischio della perdita di altri 50.000 posti di lavoro in Italia, con una disoccupazione giovanile già al 29% e il tasso di precarietà giovanile al 47%”. Per i giovani della Sapienza questa politica ha prodotto una manovra finanziaria da oltre 59 miliardi di euro, da realizzare “entro il 2014: rappresenta l’ennesima scelta del Governo di abdicare alle decisioni imposte dalla Bce, come dimostra la lettera di Draghi e Trichet al Governo italiano. Una scelta in perfetta continuità con le politiche di tutti i governi europei che, dal 2008 ad oggi, hanno trasferito il debito privato sui bilanci pubblici, a esclusivo vantaggio dei profitti. La manovra appena realizzata smantella il welfare italiano, espropria i beni comuni, risparmiando ancora una volta chi possiede grandi patrimoni e rendite finanziarie. Tutto questo – concludono gli studenti della Sapienza – in un quadro internazionale in cui tutti i Governi risultano sotto scacco della dittatura finanziaria”.
Anche secondo l’Unione degli studenti la misura è ormai colma: il divario di trattamento rispetto ad altri comparti, ad iniziare dal dicastero della Difesa, è sempre maggiore. La conferma è arrivata attraverso la recente legge di Stabilità, approvata venerdì scorso, risultano ben “700 i milioni per rifinanziare le missioni militari – ha sottolineato Jacopo Lanza, dell’esecutivo Uds – e sono 262 i milioni destinati alle scuole private, con buona pace dell’art. 11 (l’Italia ripudia la guerra…) e dell’art. 33 (Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato) della Costituzione. Ma di finanziare la scuola pubblica non se ne parla”.
Il rappresentante degli studenti torna anche sugli “insegnanti in sottonumero: vuol dire classi con un rapporto studenti-docenti che riduce drasticamente la qualità della didattica, per non parlare delle classi pollaio con più di 60 studenti. Inoltre il ministro dovrebbe accorgersi che studiamo in strutture scolastiche cadenti e a rischio sicurezza, ma nessuno – ha concluso il rappresentante Uds – ha sentito di rifinanziare legge 23/1996: non sono problemi da poco, e questi sono solo quelli ‘urgenti’”.
Il rappresentante degli studenti torna anche sugli “insegnanti in sottonumero: vuol dire classi con un rapporto studenti-docenti che riduce drasticamente la qualità della didattica, per non parlare delle classi pollaio con più di 60 studenti. Inoltre il ministro dovrebbe accorgersi che studiamo in strutture scolastiche cadenti e a rischio sicurezza, ma nessuno – ha concluso il rappresentante Uds – ha sentito di rifinanziare legge 23/1996: non sono problemi da poco, e questi sono solo quelli ‘urgenti’”.