Sarebbero 65 milioni le persone nel mondo affette da epilessia, di cui circa 500 mila solo in Italia, dove ogni anno si diagnosticano 36 mila nuovi casi: 20-25 mila con crisi isolate e 12-18 mila con crisi sintomatiche acute. Di questi, sono 90 mila i bambini fino a 15 anni che ne soffrono e che hanno anche problemi sociali dettati da stereotipi che rendono difficile la vita di tutti i giorni.
Le cause di questa patologia neurologica possono essere diverse e nel 30% dei casi la malattia è farmacoresistente.
I prof impreparati ad affrontare il problema in classe
Tuttavia, secondo gli esperti -si legge sull’Ansa- una “delle criticità più rilevanti è la mancanza di preparazione degli insegnanti e degli operatori scolastici, quindi la paura per il possibile manifestarsi di crisi durante l’orario scolastico o l’incapacità di fronteggiarle. Da qui si innesca un circuito negativo per cui le famiglie tendono a tacere per evitare discriminazioni, con conseguenze anche rischiose per la salute dei bambini. Inoltre, ad oggi nessuna legge obbliga gli insegnanti a somministrare i farmaci a scuola”.
Non solo i bimbi
“Si deve diffondere una cultura adeguata per evitare il rischio che la persona taccia sul proprio stato. C’è un grande lavoro da fare anche su palestre e circoli sportivi”.
Ma non sono solo i bambini le vittime dell’emarginazione, anche “per gli adulti non è semplice perché nel mondo del lavoro tuttora c’è una scarsa conoscenza del problema, soprattutto in ambito privato si innesca il solito circuito negativo”.
La ricerca scientifica a buon punto
Se da una parte è ancora complesso avere una vita sociale con l’epilessia, dall’altro, la ricerca scientifica offre notizie positive: una innovativa terapia anti-neuroinfiammatoria promette, a seconda dei casi, di ritardare la comparsa della crisi epilettica o di supportare l’azione della terapia farmacologica tradizionale con la possibilità, per il futuro, di ridurre il dosaggio dei farmaci antiepilettici e quindi dei suoi effetti collaterali.