Il Governo di Mario Monti ed il neo ministro Francesco Profumo hanno sinora collezionato consensi. Ma non all’unisono. Nella giornata Internazionale dell’educazione, contrassegnata ancora una volta da scontri (stavolta per fortuna di lieve entità) tra gli studenti manifestanti e le forze dell’ordine (in particolare a Milano e Palermo), i Cobas della scuola hanno espresso tutto il loro disappunto per la scelta fatta dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, di affidare il dopo Berlusconi a quelli che definiscono un pool di tecnici con un programma ultra-liberista.
Quasi in corrispondenza della presentazione del programma del nuovo Governo, con il neo presidente del Consiglio impegnato a parlarne quasi un’ora al Senato (tra le priorità investire su capitale umano e talenti, favorire la loro mobilità geografica, rivedere la selezione dei docenti e valorizzarne la professione), i Cobas assieme ai Cub hanno scioperato e sfilato per le vie di diverse città: la maggior parte dei manifestanti si è concentrata a Roma, dove il corteo (in cima al quale c’era lo striscione “la crisi va pagata da chi l’ha provocata”) non ha risparmiato cori contro il Governo bipartisan Monti, nelle stesso ore in cui riceveva invece la fiducia delle principali forze parlamentari (tranne la Lega).
Particolarmente bersagliato è stato anche il nuovo ministro dell’Istruzione, ex rettore del Politecnico di Torino e presidente del Cnr, Francesco Profumo: secondo Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas, siamo di fronte ad un “esaltatore della scuola-azienda e dell’Università-impresa, uno che parla in italo-inglese, che si autodefinisce ‘marketing oriented’ e ‘incubatore di imprese’, che si vanta di aver creato al Politecnico 109 imprese interne e 14 fondi finanziari e che si lamenta perché nelle sue facoltà gli studenti non vengono ancora formati come imprenditori”. Sempre su Profumo, il portavoce dei Cobas ha quindi annunciato che “se questa è anche la sua idea di pubblica istruzione noi ci opporremo. Prevedo il massacro dei servizi pubblici e la corsa alla privatizzazione. E tutto questo senza toccare i grandi interessi industriali e finanziari”.