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Il problema della lingua dell’Europa dopo la Brexit

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La Brexit ha posto un problema di fondo per quanto riguarda l’aspetto linguistico e culturale dell’Unione Europea. Avendo in prima persona preso parte per ben due volte al progetto Erasmus mi sono reso pienamente conto di quanto la lingua inglese sia il veicolo principale di comunicazione fra i cittadini europei dei diversi stati membri e quanto la burocrazia, gli uffici e le istituzioni europee utilizzino l’inglese come mezzo per le comunicazioni rivolte ai propri cittadini. A partire dalla documentazione necessaria per partire in Erasmus e svolgere questo soggiorno di studio all’estero, la gran parte della burocrazia deve essere espletata in lingua inglese e nella stessa lingua avviene la corrispondenza con l’università straniera. L’inglese è anche la lingua franca prevalente fra i giovani dei diversi stati membri, la cosiddetta “Generazione Erasmus”, che sono spesso indicati come simbolo dell’integrazione europea e del successo del programma Erasmus.

Con il definitivo imporsi della Brexit nel Regno Unito si viene a porre quindi un problema sostanziale: può l’inglese essere ancora la lingua comune dell’Unione Europea anche se la madrepatria di questa lingua ha abbandonato il progetto europeo? Questa potrebbe ad una prima lettura apparire come una questione di secondo piano, ma riflette pienamente un quesito fondamentale nella costruzione politica europea che si ritrova anche nel motto “Uniti nella diversità” dell’Unione Europea. È possibile fare dei diversi stati membri, lontani in molti ambiti e nel caso in esame privi di una lingua comune, un’unica nazione, i fantomatici Stati Uniti d’Europa? La lingua è probabilmente uno dei primi banchi di prova su cui dovremo misurarci.

La lingua è, infatti, uno degli elementi che sono a fondamento degli stati nazionali e che, allo stesso tempo, sono fra i principali motori delle forze centrifughe all’interno degli stessi. Il peso dato all’insegnamento e alla difesa della lingua catalana da parte dei movimenti indipendentisti dimostra l’importanza dell’elemento linguistico nell’affermazione dell’identità nazionale. La distinzione fra dialetto e lingua nazionale in realtà esiste solo da un punto di vista politico e non prettamente linguistico, così come dimostrato dall’evento del crollo della Yugoslavia che portò in pochi anni al passaggio da un generico Serbo-Croato alla nascita di quattro lingue nazionali (Serbo, Croato, Bosniaco e Montenegrino).[1]

Questo viene detto per spiegare come la mancanza di una comune lingua nazionale è un vulnus che difficilmente potrà essere colmato da parte dell’Unione Europea e che rende un progetto nazionale comune molto più difficile qui che in altri contesti caratterizzati da un idioma comune. I temi da affrontare in questo frangente sono principalmente due: per prima cosa come raggiungere un diffuso bilinguismo a livello europeo così da permettere la mutua intellegibilità fra i cittadini dell’Europa; in secondo luogo, quale debba essere la seconda lingua di questo bilinguismo europeo.

Per quanto riguarda il primo punto si tratta di una strada tortuosa ma praticabile, così come avvenuto in altre nazioni. Anche all’interno degli stessi stati membri troviamo casi di perfetto bilinguismo, nel caso del Belgio ad esempio, dove la stessa nazionale di calcio finisce per comunicare spesso in inglese all’interno degli spogliatoi, e anche di casi come l’Olanda, dove seppur non vi siano forti minoranze linguistiche, l’inglese è ampiemente conosciuto per ragioni più che altro economiche e culturali. L’affermazione dell’inglese come seconda lingua effettiva nelle nazioni europee potrebbe avvenire tramite il cinema e i canali streaming in lingua originale, gli scambi culturali fra i giovani studenti d’Europa e uno studio scolastico che garantisca il raggiungimento di certi standard europei secondo il CEFR (Common European Framework of Reference).

Ma è il secondo punto quello che pone dei quesiti di ben più difficile risoluzione, perché si tratta in questo caso di questioni di carattere ideologico. È giusto che sia l’inglese la lingua scelta per questo bilinguismo europeo? Possiamo analizzare i pro e i contro della scelta di questa lingua.

Fra i contro, possiamo certamente annoverare il fatto che solo l’Irlanda (e la piccola Malta), certamente non un membro di primo piano dell’Unione, annovera l’inglese come propria lingua madre fra gli stati dell’Unione Europea. In questo caso la lingua principale di comunicazione e delle istituzioni dell’Unione sarebbe una lingua non effettivamente parlata dai cittadini stessi, col rischio che quelle stesse istituzioni parlino un inglese lontano da quello di un parlante nativo. L’inglese dovrebbe quindi imporsi al di là della sua reale presenza in Europa, parlato da appena 5 milioni dei suoi 500 milioni di abitanti. Fra i pro vi è, invece, il fatto che l’inglese è una lingua di facile apprendimento, già studiata in tutta Europa ed è la lingua della tecnologia, del cinema e dei nuovi mezzi di comunicazione di massa.

La scelta dell’inglese permetterebbe, d’altro canto, di evitare lo scontro fra le altre due lingue utilizzate maggiormente nelle istituzioni dell’Unione Europea, il francese e il tedesco, dando così una maggiore importanza ad un terzo contendente. Ma sarebbe possibile, in vista di un progetto maggiormente federalista, convincere un francese, un tedesco o un italiano ad accettare l’inglese come lingua ufficiale della propria nazione?

Se vogliamo evitare soluzioni ardite come quelle di una lingua costruita a tavolino, vedi l’Esperanto, non possiamo far altro che scegliere una strada comune e perseguirla strenuamente, anche perché difficilmente si potrebbe richiedere poi un tri o quadrilinguismo a tutti i cittadini dell’Unione. Probabilmente la scelta dell’inglese, nonostante la ferita provocata a livello principalmente culturale dalla Brexit, è quella che più si rivela fattibile. Bisogna però vedere se questa lacuna linguistica originaria potrà essere mai colmata da parte dell’Europa unita.

All’interno di questo dibattito non si riesce a scorgere una soluzione al problema ma si intravedono solamente i quesiti che si profilano all’orizzonte dal punto di vista della lingua nella creazione di una comune nazione europea. Perché così come la lingua unisce ed è uno dei motori più forti nella nascita di un’entità nazionale, essa può anche dividere e costituire uno dei maggiori ostacoli nella costruzione europea.

[1] Anderson, Stephen R., Languages, A Very Short Introduction, Oxford 2012, p. 65

Manlio Distefano