La questione sollevata da un articolo di Alvaro Belardinelli sulla Tecnica della Scuola del 16 Marzo (soprattutto in riferimento al paragrafo “Nessuna emergenza giustifica l’abuso”) è molto interessante poiché si innesta sul dibattito in questi giorni sulla liceità di pratiche didattiche non previste dalla alla normativa esistente, dibattito nel quale si scontrano le posizioni di chi invocando la normativa vigente si ritiene vincolato in maniera esclusiva alla stessa e chi invece ha una visione innovativa e creativa.
Il richiamo nell’articolo a sentenze sulla non liceità di attività didattiche in periodi di sospensioni dell’attività didattica non mi sembra pertinente visto che si riferisce a pronunciamenti di giudici che ritenevano non legittime richieste di impegni didattici da parte dei dirigenti scolastici nei periodi che precedono l’inizio dell’anno scolastico e dopo la fine delle lezioni, periodi fissati dai vari calendari scolastici regionali e non a situazioni emergenziali come questa.
La domanda che mi pongo e che ho posto al webinar nazionale di Avanguardie Educative al quale sono intervenuto sulla questione delle lezioni di strumento a distanza è la seguente: quante volte abbiamo vissuto una situazione del genere che ha investito non solo la scuola, ma l’intera società?
La risposta è: mai.
Di conseguenza che supporto può portare la normativa preesistente concepita in maniera esclusiva per situazioni “in presenza” e che non prevede altre situazioni oltre a quelle ordinarie?
Quasi nessuno.
La dimensione della collegialità scolastica, non avendo a che fare esclusivamente con la promulgazione di atti di rilevanza giuridica interna, ma essendo anche espressione di linee di indirizzo condiviso e di senso di comunità educativa ed educante, può permettersi di venire meno alla possibilità di dialogare e decidere solo per il fatto che il mezzo con cui si dialoga non è contemplato nei decreti delegati del 1977, quando internet non esisteva e Arpanet era appannaggio esclusivo di università, apparati militari e governi?
In merito poi alla regolarità normativa di questi giorni abbiamo presente a quante leggi e principi costituzionali stiamo trasgredendo per motivi sanitari?
Le riunioni tra persone e la libertà di movimento sono libertà costituzionali e noi siamo legittimamente confinati in casa per una decretazione d’urgenza.
Personalmente ritengo che non ci sia nulla di male ad adottare tutti gli strumenti che ci permettano nel migliore dei modi di continuare tutti i nostri impegni, formativi e collegiali, anche se in maniera non canonica e forse imperfetta.
In caso di contenzioso (e da chi poi?) le motivazioni d’urgenza sono contemplate anche dal nostro Ministero, che proprio oggi si è espresso con un documento molto significativo sull’argomento, che avvia una riflessione anche sulla valutazione.
Certamente per molti docenti e studenti c’è un problema di carenza di conoscenze, di dotazioni informatiche e di infrastrutture per i collegamenti, criticità che non saranno di immediata risoluzione.
Potrebbe però essere un momento propizio per approfondire ulteriormente l’uso e la conoscenza delle tecnologie informatiche e della loro applicazione in ambito didattico, come già avviene da tempo, in altri ambiti della vita scolastica, finora non previsti in quanto le nostre vite non erano così profondamente modificate da una situazione emergenziale. Tutto questo avrà inevitabili ripercussioni e comporterà un ripensamento di un certo modello del fare scuola. Ci stiamo muovendo in uno scenario inedito, nel quale usiamo le nostre competenze didattiche servendoci di nuovi mezzi, garantendo agli studenti la continuità didattica, e, di conseguenza, la possibilità non solo di non perdere l’anno scolastico, ma anche di mantenere vivi rapporti che sono didattici ma anche umani. In questo momento forse non “dobbiamo” ma “vogliamo” essere un punto di riferimento per i nostri studenti, vogliamo essere una certezza proponendo quella “routine” scolastica che sappiamo essere un momento importante delle loro giornate. Certo, la “didattica a distanza” non è paragonabile a quella in presenza, ma non è un surrogato, non è il “male minore”, è invece un impegno scrupoloso per produrre, usando sapere, inventiva e tecnologia, un modello di didattica “alternativo”. Ricordiamoci che, sia pure in determinate situazioni, l’insegnamento a distanza esiste da molto tempo. Ci piace ricordarlo per chi abita nelle isole più piccole, lo abbiamo visto utilizzato per situazioni in cui spostarsi era impensabile. Oggi, che tutti viviamo nel nostro “faro” la rete ci permette di restare connessi, in una classe virtuale, ma fatta di persone reali. È questo dato di realtà, fatto da docenti e studenti, che a me pare importante.
Infine, a mio avviso non stiamo parlando, come riportato dall’articolo di “pedagogia di Stato” ma di soluzioni metodologiche inedite in un momento di emergenza e l’art.33 della Costituzione (diritto di libertà di insegnamento) anche se subirà qualche inevitabile limitazione, sarà in buona compagnia di altre prerogative di cui al momento non possiamo giovarci, ma con buon senso e buona volontà sarà possibile esercitarlo ancora.
Alberto Spinelli