Ad un passo dal compimento dei 98 anni, il professor Renato Dulbecco ci ha lasciati. Il premio Nobel per la medicina nel 1975, per le scoperte fatte negli Stati Uniti sulle interazioni tra i virus tumorali e il materiale genetico della cellula, la cosiddetta genetica del cancro, è morto in California. La sua seconda terra, dopo che era emigrato dall’Italia, senza però mai abbandonarla, nell’immediato dopoguerra all’età di 33 anni.
Nativo di Catanzaro, appassionato di fisica, chimica e matematica, con una laurea in Medicina presa in tempi record a Torino, assieme alla Montalcini, Dulbecco è stato uno dei precursori delle terapie personalizzate. Ad iniziare da quelle per combattere il canco: ad ogni paziente, sosteneva, va dato il farmaco più adatto poiché va ad interagire con il suo particolare DNA. E grazie alle sue intuizioni di altissimo livello scientifico, comprovate da accurate ricerche di laboratorio, è stato tra gli artefici del Progetto Genoma: il programma che scruta i tre miliardi di lettere che costituiscono il “libretto di istruzioni” per formare, far crescere e far riprodurre l’uomo.
La sua scomparsa lascia un grande vuoto nella scienza e nella ricerca mondiale. “Sapeva esprimere concetti molto profondi – ha detto il farmacologo Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche Mario Negri di Milano – con grande chiarezza ed era gentilissimo e cordiale. Difficile individuare qualcuno in grado di raccogliere il suo testimone”. Quello di una persona speciale, che ai riflettori che si addicono ai Nobel preferiva lo studio e la ricerca.
Secondo Luigi Nicolais, presidente del Cnr, “con la morte di Renato Dulbecco la comunità scientifica mondiale perde uno dei suoi più autorevoli testimoni. Per Dulbecco la ricerca scientifica è stata una testimonianza d’amore verso l’umanità, una delle più alte forme di solidarietà. Non si è mai sottratto alle polemiche, neanche a quelle per le possibili strumentalizzazioni del suo operare lungo i delicati e fragili confini di quella che oggi conosciamo come bioetica. È andato coerentemente avanti, portando la sua testimonianza anche in contesti molto diversi da quelli consueti per uno scienziato del suo livello, senza imbarazzo alcuno ma anzi con la semplicità e l’autoironia che contraddistinguono i grandi. Dobbiamo impegnarci, ciascuno per la propria parte, nelle nostre istituzioni, affinché – ha concluso il neo presidente del Cnr – questa sua lezione non vada dispersa”.
Tra i tantissimi messaggi di cordoglio non poteva mancare quello del ministro dell’Istruzione: “Nel 1986 – ricorda Francesco Profumo – lo scienziato italiano scriveva in un editoriale “…la possibilità di avere una visione completa e globale del nostro DNA ci aiuterà a comprendere le influenze genetiche e non genetiche sul nostro sviluppo, la nostra storia come specie e come combattere le malattie genetiche e il cancro”. Questa previsione si è in buona parte realizzata, aprendo nuovi orizzonti alla scienza e alla medicina, e offrendo alla ricerca – ha concluso il Ministro – nuove armi per contribuire al miglioramento delle condizioni di vita di ogni uomo”.