Da giorni molti docenti sono alle prese con le domande di trasferimento. La scelta di una diversa sede è per lo più determinata da esigenze di avvicinamento alla propria residenza ma incidono anche altri fattori tra cui, non secondariamente, la dirigenza.
Nel sistema scolastico attuale, il funzionamento degli istituti e di conseguenza l’ambiente di lavoro all’interno del quale i docenti devono operare, dipende essenzialmente dai dirigenti. Va da sé che, nel momento in cui devono scegliere la una nuova sede, gli insegnanti si preoccupino di reperire e valutare informazioni prima di tutto sul dirigente e, solo in subordine, sulla vicinanza della scuola.
Questo fenomeno, ormai diffuso, è sintomatico di una criticità che affligge il mondo della scuola da quando i governi che si sono succeduti negli ultimi decenni hanno scelto organizzare il sistema scolastico secondo una logica aziendalistica e dirigistica per cui la gestione dei singoli istituti, perdendo quasi del tutto il carattere collegiale, viene affidata in toto a un dirigente le cui competenze e capacità relazionali (qualità rare e non scontate) diventano discriminanti nella scelta della scuola facendo venire meno altri fattori.
In questo modo il dirigente diventa anche il perno della qualità della scuola.
Un sistema di pesi e contrappesi che prevedesse e valorizzasse l’apporto decisionale dei docenti avrebbe sicuramente un impatto positivo sull’ambiente lavorativo nelle scuole, scongiurando i rischi impliciti di una gestione monocratica.
Nondimeno, anche tenendo conto del fatto che il potere contrattuale degli insegnanti è al minimo storico, i sindacati potrebbero, altresì, svolgere un ruolo determinante riconsiderando il proprio ruolo e valutando l’opportunità di porre in essere azioni utili a rimediare, almeno in parte, agli errori fatti finora.
Né si può tacere sulle responsabilità individuali. Se è vero, come è vero, che nessun dirigente può svolgere efficacemente il proprio lavoro senza l’apporto e la collaborazione dei docenti (si pensi agli incarichi non obbligatori peraltro sottopagati), ne consegue che questi, negando all’occorrenza la propria disponibilità, possono limitare le derive autoritari e favorire una maggiore apertura al confronto e all’autocritica.
Insomma anche quest’anno, per chi chiede di essere trasferito in un nuovo istituto scolastico, non resta che sperare.
Manolo Pisano