Riceviamo a pubblichiamo delle considerazioni sulla gestione delle scuole nell’emergenza Coronavirus inviateci della direzione provinciale della Gilda di Vicenza.
In seguito a due interventi del preside Zen, su due testate giornalistiche e a un comunicato di 10 dirigenti scolastici (di cui una vicentina), la direzione provinciale vicentina dell’associazione professionale Gilda degli insegnanti ha deciso rendere pubbliche alcune osservazioni in merito.
Il momento drammatico, inaspettato, ha condotto la nostra nazione, ad affrontare situazioni umane, sociali, affettive, professionali in una condizione di emergenza, distanza sociale, imprevedibilità, incertezza. Certamente innanzitutto il nostro pensiero è rivolto a chi ha sofferto le conseguenze più tragiche della malattia e del morbo e a tutti coloro che, con grande impegno, hanno agito e continuano ad agire per garantire a tutti noi le cure, l’assistenza, il necessario per sopravvivere, la sicurezza, pertanto a tutti i commessi, trasportatori, operai e impiegati, imprenditori ecc., ma soprattutto medici , infermieri, operatori sanitari e socioassistenziali che , in troppi casi senza le dovute cautele e protezioni, come denunciato dalle loro rappresentanze sindacali, hanno agito con abnegazione , sacrificio e senso più profondo della propria professione, nonostante i brutali tagli alla sanità pubblica a cui abbiamo assistito da troppo tempo.
Su un piano decisamente meno emergenziale siamo convinti che anche la scuola pubblica italiana abbia risposto alle richieste sociali fondamentali, in modo dapprima improvvisato e disorganico all’inizio, più efficace in un secondo tempo, per garantire una continuità di relazione e di socialità, di “normalità” a bambini e ragazzi e il diritto ad apprendere, nei modi e con gli strumenti, decisi e possibili determinati dalla situazione e dalla condizione sia delle famiglie che dei docenti. Ciò è avvenuto spesso senza adeguata formazione né strumentazione, se non quella privata, e facendo della abitazione privata del docente il luogo da cui attivare la cosiddetta didattica a distanza, dando comunque, in un momento di disorientamento e sofferenza diffusa, un importante segnale di presenza delle istituzioni pubbliche e dimostrando che la scuola è viva.
Certamente la situazione ha condotto a un lavoro non regolato da nuove norme e contratti, che comunque restano validi per quelli che sono, così come le prerogative costituzionali del lavoro docente (in primis la libertà di insegnamento garantita dall’ art. 33 della Costituzione), prerogative individuali, come la libertà di espressione quelle sancite dall’art.21.
Ciò ha portato tutte, unitariamente, le organizzazioni sindacali (e poi molte professionali) a individuare come illegittimo e improprio qualche intervento proveniente dalle burocrazie ministeriale (p.es nota 388). Infatti pensiamo che , nonostante l’eccezionalità della situazione, alcuni principi di riferimento (libertà di insegnamento, dimensione collegiale delle decisioni, rispetto dello stato diritto, norme, contratti)- devono essere attentamente e pragmaticamente considerati e rispettati, in un quadro in cui prevalga la dimensione della collaborazione e dell’impegno comune, non quella burocratica (quale, per esempio, l’impropria firma di presenza nei registri elettronici) o l’arroccamento in specifiche, spesso presunte, prerogative dei dirigenti.
E’ prendendo le mosse da queste succinte considerazioni, che abbiamo letto con sorpresa le prese di posizione di un noto dirigente che opera nella provincia di Vicenza e di 10 dirigenti cosiddette avanguardie educative (che hanno tra l’altro fatto un uso privato di un sito istituzionale, quello dell’RSAE) che hanno reso pubbliche delle dichiarazioni che riteniamo offensive della dignità dei docenti e delle prerogative costituzionali , essenziali in una democrazia, delle organizzazione sindacali.
Tali dirigenti dimostrano una mentalità e un’idea di scuola che, al di là di essere all’opposto della scuola repubblicana che auspichiamo, è assolutamente lontana da ciò di cui c’è bisogno, a nostro parere, in questo momento. Infatti in articoli pubblicati sulla stampa nazionale e locale il preside Zen prima auspica che vengano sospesi norme e contratti che regolano i rapporti di lavoro nella scuola (e in assenza dei quali forse si vorrebbe ergere a fonte delle regole, del diritto egli stesso? L’école c’est mois??) e poi affermando che molti docenti non hanno voglia di lavorare facendo correre uno stipendio nelle loro tasche “nulla facendo”; le 10 cosiddette avanguardie hanno intimato, con toni diremmo quasi isterici, tutte le forze sindacali di “lasciarli lavorare”, nel momento in cui si è definita illegittima e impropria una nota ministeriale….
Riteniamo che la storia e l’educazione civica siano basilari in quella scuola che noi crediamo debba essere la scuola che forma cittadini liberi e critici, e non capitale umano asservito a logiche economiciste, pertanto a tali prese di posizione ribadiamo che
- La situazione straordinaria che stiamo vivendo ha condotto alla istituzione di una sorta di stato di eccezione (purtroppo non discusso in parlamento) il quale però, pur limitando fortemente alcune libertà costituzionali fondamentali, per un bene comune superiore, la salute pubblica, non ha cancellato lo stato di diritto. Purtroppo in alcuni paesi europei, nella fattispecie in Ungheria, si sta assistendo dell’approfittare della situazione da parte del primo ministro, per attribuirsi poteri eccezionali e autoritari: è forse quello che qualcuno auspica avvenga anche nel nostro paese o nella scuola?
- Ai nostri studenti con orgoglio insegniamo che generalizzare è alla base dei pregiudizi, delle discriminazioni, del qualunquismo…. Ha senso affermare che molti dirigenti sono autoritari o che i politici sono corrotti? Ci pare che le parole del preside Zen vadano nella direzione opposta di quanto dovrebbe contribuire a costruire un dirigente pubblico, ciò la coesione sociale (e il rispetto per l’istituzione che rappresenta, ad incominciare di chi ci lavora): un’affermazione palesemente falsa, affermare che molti docenti non stanno lavorando pur intascano uno stipendio, che reazione può suscitare in chi ha perso il lavoro o vede messo in difficoltà il proprio reddito? Se tali dirigenti conoscono docenti che vanno sanzionati, che agiscano secondo le prerogative che sono loro proprie.
- Ai nostri studenti insegniamo che l’insofferenza e l’azione antisindacale è stato propria del momento della salita al potere e della gestione dello stesso del peggior ventennio della storia novecentesca del nostro paese, quello della dittatura fascista. L’organizzazione e l’azione sindacale è oggi tutelata e regolamentata dell’art.39 della Costituzione repubblicana.
Ci chiediamo anche se verrà un momento in cui qualcuno controllerà i controllori, se qualcuno controllerà se dei dirigenti pubblici che esternano tali punti di vista poi le regole le rispettano nelle scuole che sono loro affidate, come deve fare ogni buon servitore dello stato, ancor di più chi sta i vertici….
Concludiamo ribadendo che la scuola non ha bisogno di piccoli Orban, o Re Sole, né di grandi ego che amano stare sui giornali né di essere governata facendo meno dell’indispensabile apporto degli organi collegiali, elemento di democrazia. La scuola ha risposto in questo frangente con impegno e senso di responsabilità, una volta tanto riconosciuti (quasi) unanimemente da opinione pubblica, studenti, genitori. La scuola ha bisogno di camminare restando presidio di cultura, democrazia, secondo il dettato costituzionale, e tale crediamo dovrà mantenersi anche dopo, al di là di chi evidentemente vuole approfittare della situazione per accelerare l’aziendalizzazione, la subordinazione a logiche economicistiche o di acritica soggezione a tecnologie digitali e ai grandi interessi che sottendono.
Ribadiamo quindi che l’école c’est nous, a incominciare dal cuore di tutto, il rapporto tra docenti e studenti, poi il personale ATA, i dirigenti, i genitori, le istituzioni e il contesto sociale che la appoggiano….
La direzione provinciale della Gilda di Vicenza
Risposta di Gianni Zen, dirigente scolastico del liceo Brocchi di Bassano del Grappa
Quando si discute, cosa sempre positiva, una piccola regola dovrebbe valere per tutti: prima di criticare una posizione anzitutto si dovrebbe dimostrare, quindi con ragioni evidenti, di averne compreso ciò che, appunto, si vorrebbe criticare. Altrimenti non c’è dia-logo, ma solo lo scambio di monologhi. Brutta pratica, purtroppo, non solo oggi prevalente. In particolare, da quando sono esplosi i social.
E qual è il logo per cui si vorrebbe il dialogo?
Parlo di un intervento critico nei miei confronti, e nei confronti di un documento di 10 presidi, da parte della segreteria provinciale Gilda di Vicenza, che conosco.
Mi permetto di dire, col dovuto rispetto, che questa segreteria non ha compreso ciò che intende criticare.
Cerco di spiegare il perché.
La situazione di emergenza, come tutti sappiamo, ci ha costretto alla rincorsa di una didattica integrativa, data la tecnologia disponibile, sapendo i limiti evidenti di una interazione intersoggettività, essenziale nella vita di classe.
Vista l’emergenza, quando cioè si è costretti a correre, si corre, guardando solo il positivo, cioè il valore del servizio agli studenti, nostra stella polare.
Purtroppo, questa stella polare non è stata evidente a tutti, visti alcuni documenti di alcune sigle sindacali.
E’ stata una rincorsa, dunque, su cosa e come fare per garantire, pur con tutte le precarietà che sappiamo, il massimo di formazione possibile, a servizio di tutti.
Il massimo di formazione, con tutti gli strumenti utilizzabili, con una formazione sul campo veloce e tempestiva, con computer distribuiti dalle scuole, anche questa nel limite del possibile.
La scuola italiana, insomma, si è subito mossa senza attendismi del tipo: vediamo cosa prevede il contratto, seguiamo tutti i passi canonici, prendiamo tempo, ecc. ecc..
No, presidi e docenti tutti, dsga e ata, a parte poche eccezioni, si sono subito messi di buona lena, sostenuti dai team digitali, per tentare le prime risposte, un po’ alla volta sempre più competenti, mentre i giorni passavano, anche se, purtroppo, non in grado, per tante situazioni conosciute, di soccorrere tutte le esigenze dei nostri bambini e dei nostri ragazzi.
Perchè questa è la grande sofferenza che da subito abbiamo registrato, il rischio di disuguaglianze.
Questa, lo ripeto, la nostra stella polare.
Essere cioè al servizio di tutti, soprattutto di chi è in difficoltà.
Perché la scuola è per gli studenti, e sono loro il cuore della scuola, e quindi del nostro servizio pubblico. Ma non tutti l’hanno ancora compreso.
Perché ripeterlo?
Alcuni interventi sindacali, ad esempio, se da un lato ricordavano cose ovvie e giuste, dall’altro, però, non hanno da subito focalizzato questo sforzo immediato per il primato del servizio agli studenti.
E ci sono stati pochi docenti che, ideologicamente, hanno da subito puntato il discorso sulla non obbligatorietà, sulle varie difficoltà di copertura normativa, mentre, nelle situazioni di emergenza, ma questo vale anche nella vita, conta l’atto di responsabilità diretto, come presa di coscienza critica di ciò che è dovuto, senza se e senza ma.
Come non ricordare che il Miur è intervenuto solo giorni dopo, con una prima e discussa nota a firma Bruschi e poi col decreto legge del 6 aprile scorso?
Le strutture di governo e ministeriali sono piene di funzionari a disposizione, ed ora anche di task force a più e non posso, e le reazioni di chi ci governa come sono state? La velocità di un elefante.
Mentre la scuola non ha atteso la lentezza governativa e ministeriale.
No, viste la necessità e l’urgenza tutta la scuola si è tirata su le maniche, e ha corso per fare la propria parte.
La lettera della Gilda vicentina ha ragione: mi sono arrabbiato, e non sono l’unico.
E a ragion veduta, mi viene da aggiungere, quando ho visto che quella stella polare, cioè la centralità del servizio agli studenti e alle famiglie, non era scontata. Tirando in ballo il contratto, la carenza normativa, e la mitizzata ed incompresa libertà di insegnamento, letta purtroppo ancora individualisticamente.
Il primo pensiero quando andiamo a scuola è e deve essere sempre il nostro servizio ai ragazzi. Poi ci saranno le altre questioni, tutte cose sacrosante, ma il cuore è quello.
Leggendo certi post, anche questa mattina, di gruppi di insegnanti, mi è venuto una volta di rispondere: chi non vuole impegnarsi, chieda una aspettativa senza stipendio e consenta a supplenti, cioè a ragazzi giovani, di coprire il posto lasciato libero. Non c’è il diritto al posto di lavoro, c’è il diritto al lavoro.
Ed il posto di lavoro, con tutte le garanzie che conosciamo, deve andare in parallelo con la passione, il merito, la competenza, la sensibilità.
Vorrei ricordarlo alla Gilda di Vicenza.
Certo, mi sono arrabbiato a leggere certi post, ed ogni tanto arrabbiarsi fa bene, quando vediamo che ciò che è ovvio non viene considerato come ovvio. Ci vuole il senso del limite.
Per cui, abbarbicarsi, lo ripeto, su una lettura ancora individualistica della libertà di insegnamento, sapendo che le scuole oggi lavorano in squadra, dai consigli di classe al collegio dei docenti e al consiglio di istituto (con sintesi nel Ptof, il quale dice anche uno stile del nostro servizio), e non più ognuno solo per se stesso, la dice lunga sui limiti di un certo mondo sindacale, senza che si debba fare di tutta un’erba un fascio.
Vorrei invitare l’autore della lettera a passare una settimana al mio fianco, o al fianco di qualsiasi preside, di qualsiasi docente, di qualsiasi dsga, cioè di tutti coloro che in queste settimane hanno fatto e stanno facendo i salti mortali per fare il massimo possibile.
Provare per credere.
Forse certe lettere non verrebbero mai pensate e scritte.
Come mi è già capitato di dire, in democrazia i sindacati sono essenziali, ma nel mondo della scuola (comparto ancora vincolato ad un vecchio modello assistenzialista) forse una riflessione matura sul suo servizio oggi non guasterebbe. Tanto che potrebbero, così, ritornare a rappresentare non minoranze, ma il grande mondo della scuola. Il quale ha grande bisogno di una interfaccia credibile, visto quel centralismo ministeriale e regionale confuso, diviso tra strutture burocratiche e sempre nuove task force, segno di debolezza della guida politica.
Gianni Zen