C’è una domanda che circola, un po’ sottotraccia, da alcuni giorni nel dibattito pubblico del nostro Paese: “Perché festeggiare il 25 aprile in questa situazione così drammatica nella quale ci ha precipitato la pandemia? Non è meglio forse il silenzio? Oppure: perché non dedicare il 25 aprile di quest’anno, e anche quelli futuri, al ricordo dei morti di tutte le pandemie che hanno prodotto migliaia e milioni di vittime nel nostro Paese e nel mondo, comprendendovi anche le vittime del Coronavirus?
Non sarebbe più ragionevole e anche favorevole, una simile versione del 25 aprile, a quell’auspicata unione e coesione di tutto il popolo, indispensabile in questa guerra senza quartiere scatenata dal dilagare del Coronavirus?
Perché ostinarsi a ricordare una data in fondo così divisiva quale quella del 25 aprile del 1945, una data che pose fine, almeno temporaneamente, alla guerra civile tra fascisti e antifascisti?”. Una domanda, anzi più domande apparentemente sensate, frutto di un atteggiamento che vuole apparire d’apertura e di pacificazione. A queste domande, provenienti da ambienti che non hanno mai fatto i conti con le proprie radici neo-fasciste, che non hanno mai pronunciato una vera e netta parola di condanna nei confronti della dittatura fascista e dell’occupazione nazista, che hanno sempre dato spazio e ascolto a tutte le più spregevoli e vergognose varianti del revisionismo e del negazionismo storici, che hanno sempre taciuto sullo scottante argomento delle leggi razziali e della persecuzione antiebraica, è necessario rispondere con nettezza e senza alcuna indulgenza.
Oggi, più che mai, acquista un significato e un valore straordinari celebrare quella data e ricordare quegli eventi, e ribadire che la festa di Liberazione è la festa di tutti gli italiani, nessuno escluso, perfino di coloro che preferirebbero abrogarla (non avrebbero infatti, oggi, la possibilità e la libertà di pensarla diversamente sul 25 Aprile, se non ci fosse stato quel 25 Aprile del 1945), e ciò per i seguenti semplici motivi:
- Perché il 25 Aprile 1945 rappresenta la data fondativa della nostra Repubblica, e ri-fondativa della nazione, dopo che la prima fondazione (quella avvenuta a conclusione del Risorgimento) era stata prima sporcata dalla dittatura fascista e poi trascinata nella vergogna dell’alleanza subordinata con la Germania nazista e, addirittura, consegnata in parte dal fascismo alla cupa e odiosa occupazione delle SS e della Wehrmacht di Kappler e Kesselring;
- Perché il 25 Aprile è il preludio e il fondamento di quella meravigliosa elaborazione della Costituzione alla quale parteciparono le donne e gli uomini migliori, più preparati, più prestigiosi che forze politiche tra loro diverse e tra loro spesso in polemica (democristiani, socialisti, comunisti, azionisti, liberali), furono in grado di offrire e di mettere al servizio disinteressato della nazione;
- Perché la festa di Liberazione, pur rimandando ad un evento passato, un passato da ricordare con fierezza e orgoglio (in quanto fu grazie a quell’evento che l’Italia riconquistò l’onore perduto nel consesso delle altre nazioni), rinnova e mantiene sempre viva, tramandandolo alle giovani generazioni, la memoria di fatti eroici e di persone che seppero scegliere, al momento giusto, da che parte stare: dalla parte della libertà e della democrazia;
- Perché dopo la Liberazione del 25 aprile 1945, quegli stessi uomini e quelle stesse donne non si ritirarono a vita privata, nel chiuso delle loro case, ma si impegnarono, con forza e con intelligenza, nel lungo e difficile percorso di ricostruzione dell’Italia. E oggi, nel momento in cui gli italiani sono impegnati nella lotta di resistenza al Coronavirus, sapranno, proprio nel ricordo di quella Liberazione, con tutte le prove di solidarietà e di responsabilità di cui si stanno dimostrando capaci, raggiungere l’auspicata e ormai prossima nuova Liberazione, alla quale dovrà seguire un nuova ricostruzione;
- Perché la ricostruzione che ci attende dovrà, necessariamente, essere nuova e richiederà un impegno del tutto straordinario e il più largo possibile. Non si può infatti ritornare alla situazione ante Coronavirus. Sarà necessario ricostruire il nostro Stato (ma anche l’Unione Europea) dalle fondamenta: un nuovo Welfare State, che si ponga come obiettivo la riduzione delle diseguaglianze e la piena occupazione, un nuovo Welfare che metta al centro l’uomo e che spogli della loro falsa sacralità il dio mercato e la santa finanza; un nuovo Welfare che dovrà avere come strutture portanti un ricostruito e più largo, più inclusivo ed efficiente, sistema sanitario pubblico, e un più forte sistema pubblico della conoscenza e del sapere: scuola, università e ricerca, da ricostruire e da rafforzare, senza lesinare in investimenti ed eliminando quegli assurdi ostacoli rappresentati dai “numeri chiusi” che, soprattutto nelle facoltà di medicina, in pochi anni hanno prodotto una preoccupante carenza di giovani medici e infermieri e, nel campo della ricerca, un’interminabile e autolesionistica fuga di cervelli;
- Un sistema sanitario pubblico nuovo, rafforzato e ramificato il più possibile nei territori, perché la pandemia ha messo allo scoperto incredibili carenze e vuoti; carenze e vuoti che medici e infermieri eroici, a costo della loro stessa vita e lavorando senza posa 24 ore su 24, hanno cercato di coprire con eccezionali e silenziose dedizione e abnegazione;
- Un sistema pubblico della conoscenza e del sapere rafforzato, ramificato e inclusivo, perché è dalla scuola e dall’università e dalla ricerca che dovranno uscire i nuovi “resistenti” e vincitori delle future e purtroppo probabili pandemie alle quali l’attuale gioventù e le future generazioni dovranno abituarsi e attrezzarsi adeguatamente, cambiando mentalità e modi di vivere;
- E, infine, sarà necessario, nel lungo e difficile processo di ricostruzione, mutare anche il nostro atteggiamento e le nostre cattive abitudini nei confronti della Natura, la nostra casa comune. Un nuovo (o ex-novo, perché in effetti non c’è mai stato) patto con la Natura, basato sul rispetto e sulla cura, finalizzato a bloccare i cambiamenti climatici e a ricostituire le condizioni minime per una pacifica ed equilibrata convivenza tra l’uomo e tutte le altre specie viventi.
C’è bisogno di elencare altri motivi per comprendere l’attualità della festa di Liberazione e della memoria del 25 aprile 1945?
Francesco Sirleto