Qualche giorno fa ho scritto un articolo dal titolo “Quello che i docenti non dicono”
Non amo i social ma, in questa occasione, mi hanno permesso di dare voce a chi non se la sente di parlare o di dissentire rispetto a quello che si legge ultimamente sugli insegnanti.
Il mio articolo ha raggiunto il suo obiettivo: tantissimi colleghi si sono sentiti rappresentati dalle mie parole ma altre voci dissonanti si sono levate a seguito delle mie parole.
Ho deciso di affrontare i leoni da tastiera con la loro stessa arma e di continuare a farlo perché percepisco il sostegno di un’intera categoria che è arrivata al limite della sopportazione. Una categoria, quella di docenti della scuola italiana, che subisce continue umiliazioni causate dall’indifferenza di chi decide al posto suo e dal livore di chi la considererà sempre una casta di statali privilegiati.
Quando si pubblica un articolo sui social, si sa, ci si rimette al giudizio di migliaia di persone sconosciute alle quali si dà il potere di commentare quello che loro capiscono, che non necessariamente coincide con quello che si voleva dire.
Quando ho scritto l’articolo sono stata molto attenta a scegliere la forma e le parole proprio per il timore di essere fraintesa. Da psicologa so bene che SI TROVA QUELLO CHE SI CERCA e capita troppo spesso che la comunicazione subisca questa distorsione percettiva da parte di chi riceve il messaggio.
Così più di qualcuno ha “trovato” nel mio articolo ciò che io non ho mai scritto.
Non ho mai scritto, per esempio, che i docenti non vogliono tornare a scuola.
Proprio stamattina ho rivisto uno dei miei alunni, che mi è venuto incontro con la sua mascherina stringendo la mano del suo papà con quell’imbarazzo che provano i nostri alunni quando ci incontrano al di fuori della scuola.. Com’è cresciuto! Quando l’ho rivisto ho avvertito ancora più impellente il desiderio di tornare a scuola per rivedere tutti i “miei bambini”. Mi mancano come solo un insegnante può capire.
A scuola ci voglio tornare!!!!! Ci vogliamo tornare! Quello che ho scritto è che dobbiamo tornarci in sicurezza, come tutti gli altri lavoratori.
I leoni da tastiera mi hanno consigliato di mettermi in aspettativa se ho così tanta paura così lascio il posto a chi è più coraggioso di me.
Noi docenti siamo ormai rassegnati all’evidenza: siamo capaci di far apprendere cose straordinarie ai nostri alunni ma non riusciremo mai a far capire davvero, ad un adulto che non fa il nostro lavoro, la gioia e la fatica che questo comporta e che un lavoro come il nostro non può essere scelto solo per lo stipendio (basso) a fine mese.
Nell’immaginario collettivo siamo ectoplasmi senza una vita reale perché, ammettere di avere paura di tornare a scuola a certe condizioni, sembra equivalere ad avere paura di vivere: abbiamo il diritto di avere paura solo se dimostriamo di non essere andati in spiaggia quest’estate e di non essere mai più entrati in un ristorante o in un negozio dopo il lockdown come se, per guadagnare il diritto di lamentarci, ci saremmo dovuti chiudere in casa. Siamo stati descritti come statali fannulloni che si sono divertiti finora alle spalle delle partite Iva senza aver paura del contagio.
Come se andare in spiaggia con altre 200 persone distanziate e all’aperto fosse paragonabile a rimanere per 8 ore al chiuso in una classe di 30mq con 25 persone senza mascherina.
Come se il lavoro in un negozio non fosse regolamentato da entrate contingentate e senza obbligo di mascherina.
Quello che i docenti si sentono dire è che sono egoisti che non pensano ai problemi delle famiglie… come se i docenti fossero tutti single senza figli che non capiscono le esigenze e le difficoltà dei genitori!
Siamo invece anche genitori, nonni e zii che condividono gli stessi problemi delle altre famiglie: se il figlio di un docente si ammala la maestra/mamma deve chiamare la babysitter come tutti gli altri lavoratori che non possono assentarsi da lavoro. Anche i docenti hanno nonni da proteggere e babysitter da pagare.
Quello che succederà dopo la riapertura della scuola sarà un problema che coinvolgerà l’intera società italiana. I lavoratori che sostengono la riapertura ad ogni costo, anche mettendo a rischio la salute di tutti, potrebbero essere colpiti a loro volta dalle conseguenze di inevitabili quarantene e malattie dei loro figli.
Diverse persone mi hanno chiesto; Cosa proponete allora? Non credo che le persone possano pretendere che siamo noi a trovare una soluzione a questo problema..ricopriamo già fin troppi ruoli che non ci competono!
Da addetta ai lavori, però, avrei auspicato maggiore cautela:
E la didattica? Considerato che la quarantena, in caso di alunno positivo in una o più classi, potrebbe far saltare ogni didattica seria e continuativa in presenza, sarebbe stato più onesto prevedere una DAD fatta seriamente da TUTTI i docenti, primaria compresa!!
Se proprio la DAD fosse la seconda scelta, sarebbe preferibile prevedere un rientro in presenza con:
Questo almeno per tutto il primo quadrimestre per limitare l’impatto delle influenze che arrivano solitamente tra fine novembre e fine gennaio e per prendere tempo in vista dell’arrivo di informazioni maggiori sul virus e , magari, di un vaccino.
Quello che è certo è che, se le famiglie lo avessero saputo con anticipo, avrebbero potuto organizzarsi e il governo avrebbe potuto prevedere congedi parentali e smart working per i genitori. Meglio poco, certo e in sicurezza piuttosto che tutto come prima ma nell’incertezza totale, con il rischio di chiudere dopo qualche giorno e trovarsi a gestire l’imprevisto.
Ai genitori chiedo:
“Con quale spirito condurrete per mano i vostri bambini dentro le nostre scuole il primo giorno e tutti quelli a seguire?” Chiediamo a quei genitori che condividono le nostre preoccupazioni e le nostre legittime richieste, di unirsi a noi in questa forma di protesta.
Ai colleghi docenti ed a tutto il personale della scuola raccomando:
ai negazionisti, ai complottisti, a chi ci risponde che facciamo tutto questo solo per non lavorare e a chi ci attacca con livore, rispondete con un bel sorriso, quello dettato dalla pazienza maturata in tanti anni di lavoro. Non cadete nella loro trappola, vogliono solo mortificarci e non riusciremo mai a fargli cambiare idea quindi limitatevi a rispondere con una faccina emoji sorridente.
Ad essere diffuso in modo esponenziale nei prossimi giorni non sarà il coronavirus ma queste nostre parole.
La nostra protesta deve diventare virale: apriamo gli occhi e facciamoli aprire a tutti.
Sono tanti i docenti che DEVONO e POSSONO camminare a testa alta. Meritiamo rispetto e tutela perché siamo il pilastro della nostra società. Facciamo sentire quanti siamo e quanto forte è l’amore per il nostro lavoro ma facciamolo insieme!
Chiedo a tutte le persone che condividono le nostre preoccupazioni di condividere il testo dell’articolo Quello che i docenti non dicono e di inviarla agli indirizzi della Ministra, dei politici, dei giornali.
E per finire mi rivolgo a Lei, Ministra Azzolina: lei ce lo manderebbe davvero suo figlio a scuola in queste condizioni?
Se ha cambiato idea, stia tranquilla, la firmiamo noi la sua giustificazione..siamo insegnanti!
Chiara Celino