Ogni anno, all’avvio dell’anno scolastico, alla nostra associazione pervengono numerose segnalazioni riguardo la cronica carenza dei docenti di sostegno e ci troviamo fare i conti con una realtà difficile per famiglie legata alla mancata stabilizzazione degli specializzati che, a sua volta, innesca un avvicendamento di docenti “supplenti”, talvolta reclutati, loro malgrado, da graduatorie incrociate e quindi senza la specializzazione, in barba alla continuità didattica che, in ogni discorso politico che si “rispetti”, è la dichiarata priorità assoluta.
Ogni anno, quindi, insorgono problemi per le famiglie dei bambini, delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze con disabilità, si avviliscono i Dirigenti scolastici, che non possono assicurare la presenza dal primo giorno di scuola del docente di sostegno per garantire i diritti degli alunni e delle alunne con disabilità, come prevede la normativa e, quindi, sono costretti a sensibilizzare rassicurare le famiglie rispetto ad una situazione passeggera.
Ma la carenza strutturale e cronica dei docenti di sostegno, le cui prerogative sono quelle di rendere possibile, con strategie didattiche e competenze pedagogiche specifiche, l’inclusione scolastica, asse portante della scuola pubblica statale, si rivela la peggiore delle problematiche che la scuola deve affrontare.
Ho escluso da questa affermazione le famiglie e gli alunni, perché va ricordato, come ho anticipato prima, che i docenti di sostegno, non dovrebbero essere considerati i docenti degli alunni e delle alunne con disabilità, ma docenti di classe, e non solo perché così vuole la normativa.
Se è pur vero che il sostegno costituisca una prassi scolastica che rende possibile la declinazione didattica delle varie discipline in modo da garantire l’istruzione, la formazione, nonché a contribuire allo sviluppo delle capacità degli alunni e delle alunne con disabilità, attraverso percorsi a loro dedicati, un docente di sostegno dovrebbe svolgere un compito veramente volto a rendere l’inclusione una certezza e non uno sfondo sbiadito e ipotetico.
Il suo ruolo, invece, viene sminuito da politiche inadeguate ma ipocrite, che tendono a legare la presenza del docente di sostegno nel corpo docente di una scuola alla presenza di alunni con disabilità, sminuendo nei fatti la loro importanza per tutta la comunità scolastica.
Dal 2012, da quando in una logica di tagli ammantata di “innovazione” è il docente curricolare che si fa carico degli alunni con DSA o BES, la figura del docente di sostegno fa binomio con la disabilità, cosa che, in un contesto come quello delle cosiddette “classi pollaio” tutt’altro che abolite, fa perdere all’attività di sostegno la prerogativa di essere un docente di “tutti”, come un’inclusione autentica vorrebbe. Se è vero che le classi che presentano alunni con disabilità. sono un po’ meno numerose, di fatto anche questo costituisce un terreno di differenziazione, contrario al principio dell’inclusione, che dovrebbe essere abolito culturalmente, ancorché politicamente.
Agire politicamente nella direzione dell’inclusione sociale, oltre che scolastica, quindi, deve necessariamente passare attraverso una gestione diversa della scuola e della percezione legata al sostegno, attività utile e imprescindibile per ogni istituzione scolastica che voglia attuare un progetto di inclusione di ogni alunno e di ogni alunna, sia con disabilità, con disturbi dell’apprendimento, bisogni educativi speciali o apparentemente senza nessuna di queste condizioni.
Perché non prevedere quindi che l’organico dell’autonomia e del funzionamento, ovvero la componente stabile di cui ciascuna scuola ha bisogno, indipendentemente dalla contrazione possibile delle iscrizioni o della frequenza della popolazione scolastica, disponga stabilmente di un numero adeguato di docenti di sostegno a garanzia dei diritti di tutti e fuori da ogni etichetta? Perché solo le famiglie di alunni con disabilità devono sentirsi privati di un diritto per i loro figli, quando mancano i docenti di sostegno e non tutta la comunità scolastica di cui le famiglie di tutti gli alunni e le alunne fanno parte? Non è forse un diritto anche per chi vive la condizione di disabilità avere una continuità didattica anche a garanzia del risultato che si vorrebbe perseguire? Ogni anno gli stessi interrogativi, le stesse preoccupazioni e le stesse promesse, senza che qualcosa cambi veramente.
Temo che dietro questa questione ci siano tante ipocrisie e troppe disattenzioni e che finché la disabilità verrà vissuta anche culturalmente come un elemento non strutturale nulla cambierà. Come associazione, quindi, auspichiamo un cambiamento, al quale lavoriamo anche in termini concreti, con iniziative e proposte sia a livello nazionale che locale.
Tuttavia, tranne piccoli aggiustamenti anche dovuti a nostre denunce o segnalazioni, come la diffida nei confronti della Regione Lazio che aveva riservato agli alunni con disabilità i test sierologici per rilevare anticorpi contro il Covid-19, azioni politiche diverse e serie non se ne intravedono e, ciclicamente, temi e problemi si ripropongono dimenticando che a farne le spese è tutta la comunità scolastica, tutta la società, ogni persona.
Valeria Bruccola – Ambasciatrice de Le Ali dei Pesci Onlus per il settore scolastico