E’ quanto ha ricordato il Giudice del lavoro del Tribunale di Lanciano, con sentenza n. 177/2020.
Il fatto
Una docente si era rivolta al Tribunale di Lanciano, per una causa contro il Ministero.
Come spesso accade, in luogo dell’Avvocatura dello Stato, è stato incaricato di rappresentare l’Amministrazione il Dirigente Scolastico della scuola di servizio della ricorrente.
Se non che, il Dirigente Scolastico ha pensato bene di incaricare a sua volta – per la difesa dell’amministrazione- un avvocato del libero foro, delegandolo a rappresentarlo e difenderlo.
Il Giudice del lavoro ha ritenuto inammissibile la costituzione in giudizio tramite un avvocato “privato”, per nullità della procura (oltre che per difetto di legittimazione passiva del Dirigente dell’Istituto Scolastico in questione).
Cosa prevede la legge
L’art. 1 del Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 stabilisce che “La rappresentanza, il patrocinio e l’assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano alla Avvocatura dello Stato”.
Inoltre, secondo l’art. 5, R.D. cit., “Nessuna Amministrazione dello Stato può richiedere la assistenza di avvocati del libero foro se non per ragioni assolutamente eccezionali, inteso il parere dell’Avvocato generale dello Stato e secondo norme che saranno stabilite dal Consiglio dei ministri.
L’incarico nei singoli casi dovrà essere conferito con decreto del Capo del Governo di concerto col Ministro dal quale dipende l’Amministrazione interessata e col Ministro delle finanze.
“Ne consegue che il patrocinio dell’Avvocatura è obbligatorio ed è derogabile solo seguendo la predetta procedura, a pena di nullità del mandato e della procura conferiti irritualmente ad avvocato del libero foro” (Trib. Lanciano, sentenza citata).
Lo stesso Tribunale ha ricordato che tale regola – stabilita dalla legge- “non è suscettibile di deroga discrezionale”.
Risvolti pratici
Se è vero che il docente che ritiene di aver subito un torto deve rivolgersi ad un legale e pagarlo di tasca sua (circostanza che spesso fa desistere il dipendente a far valere le proprie ragioni), è altrettanto vero che, quando si è di fronte al Tribunale, il Dirigente Scolastico si trova in grande difficoltà.
Infatti, l’art. 417- bis del codice di procedura civile ”Difesa delle pubbliche amministrazioni” prevede:
“Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413, limitatamente al giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti”.
In molti casi (e soprattutto quando si tratta dell’impugnazione di un provvedimento del Dirigente Scolastico), l’Ufficio del contenzioso incarica di rappresentare il Ministero lo stesso Dirigente Scolastico, il quale dovrà poi spiegare al Tribunale le proprie ragioni.
Il tutto, in assenza di un’adeguata conoscenza delle regole della procedura civile (sono pochissimi i D.S. laureati in giurisprudenza) nonché della tecnica di redazione degli atti giudiziali.
Nel caso in specie, il Ministero – dichiarato contumace per nullità della costituzione in giudizio- non solo ha perso la causa, ma è stato condannato a pagare oltre 2.000 euro di spese processuali.