Le ultime parole pronunciate dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte sulla scuola sono sembrate più di un avvertimento: “La curva sta subendo un’impennata così rapida che rischia di mettere in discussione la didattica in presenza“, ha annunciato il premier.
Di lì a poche ore, fonti della maggioranza hanno confermato alle agenzie di stampa che il Governo starebbe concretamente valutando l’ipotesi di consentire la didattica in presenza fino alla seconda media e quella a distanza a partire dalla terza media in poi per tutti.
Domenica giornata decisiva
La disposizione, se dovesse essere avallata anche dopo i diversi incontri previsti per domenica 1° novembre (le Regioni con i ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia, poi nel pomeriggio il premier con i capi-delegazione prima e i capigruppo di maggioranza poi), potrebbe confluire già nel Dpcm anticipato da mercoledì 4 a lunedì 2 ottobre (stavolta però con il coinvolgimento del Parlamento, e quindi anche dell’opposizione, prima del varo).
L’ipotesi è stata già discussa nel corso della riunione svolta sabato 31 ottobre, per ben cinque ore consecutive, a palazzo Chigi: la soluzione, quella di lasciare a casa i ragazzi di 13-14 anni rappresenterebbe un compromesso tra chi chiede una “stretta” maggiore, introducendo la DaD anche negli altri cicli scolastici, e chi invece si preoccupa per le famiglie con entrambi i genitori lavoratori che con i figli a casa avrebbero seri problemi per la loro gestione.
Garantire quindi le lezioni in classe fino alla seconda media, con didattica a distanza dalla terza media in su, è al momento una possibilità concreta: si terrebbero infatti a casa, in questo caso, oltre mezzo milione di ragazzi, che si aggiungono ai 2 milioni e 600 mila delle superiori.
In arrivo zone di ospitalità dei positivi
Tra le altre disposizioni, l’esecutivo starebbe valutando anche di predisporre degli “hotel Covid”, dove ospitare i positivi che, altrimenti, rischiano di contagiare i familiari.
Il ministro della Salute Roberto Speranza ha chiesto al Comitato tecnico scientifico di riunirsi per fornire al governo i dati su quei territori che stanno facendo i conti con un numero crescente di contagi da Covid-19.
Le zone più a rischio da inibire
L’obiettivo – scrive l’Ansa – è istituire nuove zone rosse o prevedere chiusure “mirate”: quelle più gettonate, al momento, sono le aree metropolitane di Milano, Napoli, Genova e Torino, una parte del Veneto e alcune regioni meridionali, come la Campania.
Intanto, lo stesso premier guarda al futuro e alla fine dell’emergenza Covid: la via d’uscita da questa situazione difficile è il vaccino. “Confidiamo di averlo a dicembre – ha spiegato Conte – ma bisogna comprendere che arriveranno qualche milione di dose per Paese, quindi dovremo fare un piano condiviso a livello europeo per intervenire sulle fasce più fragili e via via per le altre categorie”.