La riduzione del numero ufficiale di nuovi contagi, meno di 33 mila, non deve fare illudere: in Italia la pressione sugli ospedali per casi Covid aumenta in modo continuo e anche l’incremento ulteriore di decessi, oltre 600 in sole ventiquattr’ore, non fa bene sperare. Quella di un nuovo lockdown nazionale, con fabbriche aperte e scuole chiuse, rimane quindi più di una ipotesi. Anche perché continuano a caldeggiarla diversi esponenti del Pd, che è anche il secondo partito di governo. Mercoledì 11 novembre ha ribadito il concetto Lucia Ciampi, deputata Pd in commissione Cultura della Camera, che è anche una docente.
Ciampi (Pd): non sottovalutiamo il problema
“La scuola – ha detto Ciampi – è una delle istituzioni sulla cui efficacia una società misura se stessa e la sua validità. Oggi però il sistema sanitario nazionale è sotto stress e l’apertura degli istituti sta oggettivamente aggravando una situazione difficile. Continuare a ripetere, e lo dico da insegnante, che le scuole devono rimanere aperte a ogni costo, anche di fronte agli appelli contrari del mondo scientifico, dei sindacati di categoria e di molte istituzioni territoriali, è controproducente e può essere addirittura interpretato come una sottovalutazione stessa della pandemia in atto”.
La democratica ritiene quindi che “una possibile chiusura temporanea delle attività in presenza, programmata e temporanea, non deve essere vista come una sconfitta ma come il contributo responsabile che il mondo dell’Istruzione potrebbe dare ad un sistema sociale, economico e produttivo già provato da restrizioni e limiti”.
Lo stesso segretario del Pd Nicola Zingaretti dice: “Vedremo nei prossimi giorni” se servirà un lockdown generalizzato, confermando che il Partito democratico si continua a dire pronto a sostenere anche una scelta così complicata e con conseguenze negative sicure.
Azzolina: pensiamo ai rischi per la chiusura
Chi invece non vuole sentire parlare di fermare la didattica in presenza nella scuola primaria e nelle medie è la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che nella stessa giornata a Radio Anch’io ha ribadito che la percentuale di focolai da Covid rimane molto bassa. “Oggi rispetto a marzo la situazione è diversa, la scuola all’interno si è molto preparata”, ha confermato.
“Si deve pensare ai rischi derivanti dalla chiusura delle scuole, rischiamo – ha sottolineato Azzolina – un disastro dal punto di vista psicologico, dello sviluppo formativo, sociologico, educativo di un bambino. Un bambino che in Campania o in altre Regioni deve imparare a leggere e scrivere non può farlo semplicemente da dietro uno schermo”.
La ministra ha detto anche, riferendosi anche senza citarla alla querelle del MI con le regioni Campania e Puglia, che non si può “accumulare dispersione scolastica soprattutto in alcune regioni del sud dove la dispersione c’era già in tempo di pace, figurarsi ora che siamo in tempo di guerra; oggi un bambino campano, a causa di un regionalismo delle diseguaglianze, non ha lo stesso diritto di andare a scuola di un bambino veneto e lombardo”.
I 5S: chiudere è l’ultima ratio
I deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Istruzione danno manforte alla titolare del MI:
“Chiusure prolungate delle scuole – sostengono i grillini – rischiano di arrecare a un’intera generazione di studenti, soprattutto a quelli oggi più piccoli o che provengono da contesti socio-familiari difficili. Carenze e lacune cognitive sono purtroppo già state registrate con il rientro a settembre dopo l’esperienza del lockdown”.
“Continuiamo quindi a ribadire – continuano i deputati del M5S -, sulla base di analisi scientifici e delle testimonianze di chi la scuola la conosce e la vive da vicino, che chiudere gli istituti, oltre quanto è già stato stabilito a livello nazionale, dovrebbe essere sempre l’ultima ratio”.
Italia Viva no dad, sì ai tamponi
A dare supporto al M5S ci sono ancora i parlamentari di Italia Viva, già vicini alle posizioni della ministra Lucia Azzolina nel corso del CdM svolto nella notte tra venerdì e sabato scorso: “Apprendiamo che la ministra Azzolina avrebbe richiesto i test rapidi nelle scuole da metà Agosto ma che, a quanto riporta la Ministra stessa, il commissario Arcuri ne avrebbe ordinati 13 milioni solo adesso. Occorre fare di tutto per garantire la didattica in presenza, per cui, anche se in ritardo, ben vengano i test rapidi per i nostri ragazzi”, sostengono il senatore Giuseppe Cucca, vicepresidente di Italia Viva in Senato e la senatrice renziana Daniela Sbrollini.
“Italia Viva – proseguono – aveva già denunciato ad aprile la necessità di intervenire sulle scuole, di farle ripartire in sicurezza, proponendo fra l’altro proprio l’utilizzo dei test rapidi”.
I senatori di Italia Viva, seppure facenti parte del governo, non le mandano a dire sulle cose non fatte: “Se ci si fosse mossi per tempo, anche intervenendo sui trasporti, con l’utilizzo di autobus turistici, non si sarebbe arrivati al punto di dover ricorrere a un uso così massiccio della didattica a distanza. Fra l’altro, in assenza di dati certi che provino che le scuole siano luoghi di contagio”.
La Gilda chiede dati certi
Anche la Gilda, tramite il suo coordinatore nazionale Rino Di Meglio, ritiene che si potava fare molto di più per le scuole.
“Occorrono dati completi, non parcellizzati, in grado di fotografare con la massima precisione possibile la reale situazione epidemiologica, così da poter assumere, sulla base di dati scientifici autorevoli, le decisioni che servono per tutelare e conciliare il diritto alla salute con quello all’istruzione, entrambi sanciti costituzionalmente”.
Di Meglio chiede quindi all’Istituto Superiore di Sanità, che settimanalmente rediga e pubblichi “un rapporto complessivo, di realizzare quanto prima un focus specifico sulla scuola e di renderne noti i risultati”.
“Sarebbe poi interessante capire – ha aggiunto Di Meglio partecipando all’assemblea online indetta dalla Gilda di Bologna, alla quale hanno preso parte in videoconferenza 5.000 docenti collegati da tutta Italia, – cosa emerge dal monitoraggio avviato oltre un mese fa dal ministero dell’Istruzione attraverso i questionari che ogni settimana i dirigenti scolastici devono compilare sul portale Sidi per segnalare le criticità delle scuole”.
“Non vorremmo – conclude il sindacalista – che questa operazione si risolvesse come quella del famoso cruscotto informativo, decantato come strumento utilissimo e di cui, però, si sono perse le tracce”.