La dichiarazione è dunque ufficiale e al cronista del Messagero, che chiedeva spiegazioni sul ventilato aumento del carico di lavoro ai docenti da 18 a 24 ore, ha risposto che questo tema è di pertinenza sindacale; niente dunque fughe in avanti e niente leggi che improvvisamente stravolgono tutta l’impostazione didattica e organizzativa della scuola.
Con ogni probabilità l’unanime grido di tutti i sindacati, a cui si sono uniti politici di peso, ha fatto capire a Profumo che non è tanto semplice andare avanti senza dialogo e senza confronto.
Non pecchiamo dunque di ottimismo se pensiamo che la questione per lo più stia andando verso una soluzione onorevole e che se ne parlerà, forse, fra due anni, nel 2014, quando il ministro dell’istruzione non sarà più tecnico ma uscirà dalle urne della politica, benché nulla toglie che i provvedimenti nei confronti della scuola si possano pure di più inasprire.
In ogni caso, come dice il ministro, nel 2014 abbiamo “da fare il contratto che sarà una grande opportunità anche dal punto di vista salariale. Quella sarà l’occasione per stipulare un patto per la scuola, nel quale dovrà esserci il riconoscimento del grande ruolo dei docenti. Questo ruolo va rivalutato in termini assoluti, anche per quanto riguarda gli stipendi. Rilancio della reputazione del ruolo dell’insegnante e insieme gratificazioni finanziarie.”
Che cosa si possa intendere per “patto per la scuola” lo sapremo all’inizio del prossimo anno quando, come afferma Profumo: “faremo una conferenza nazionale, una sorta di stati generali della scuola”. Relativamente alla “gratificazione finanziaria, il ministro lo spiega subito dopo: “la progressione dello stipendio. Nel patto della scuola che andremo a stipulare dovremo avere maggiore flessibilità, e prevedere ad esempio i part time. O l’opposto: lavorare di più, per chi lo voglia fare. Bisogna dare cioè la possibilità agli insegnanti di adattare i tempi di lavoro con quelli della vita: ora lavoro di più perché sto in una fase familiare in cui lo posso e lo voglio fare, ora lavoro di meno perché ho figli piccoli o altre necessità”.
Cercare di capire non è semplice, non già per il progetto che il ministro enuncia, ma per le condizioni finanziare in cui la scuola versa.
E’ possibile dunque che le annunciate sei ore in più siano un modo per incentivare l’impegno dei docenti ai quali verrebbe riconosciuto un incremento salariale per fare “progredire lo stipendio”, benché l’accenno fatto nella bozza, non ufficiale dei giorni scorsi, sull’incremento di 15 giorni di ferie lascia sempre in giro molti dubbi, seminando sospetti e perplessità.
L’aspetto tuttavia che ci preme rimarcare, dopo la dichiarazioni del ministro riportata dal Messaggero, è la chiara retromarcia su una legge che va a stravolgere il contratto di lavoro, con la chiara accettazione, senza se e senza ma, del confronto sindacale in materia di orario di servizio. Crediamo infatti che ciò sia stato frutto della compatta levata di scudi di tutti i sindacati, nessuno escluso, ma che mette nello stesso tempo a nudo una faccenda delicata, quella della unità sindacale. Fino a quando le organizzazioni sindacali andranno in ordine sparso, accordandosi o meno sulle proposte del governo, e scenderanno in piazza a frazioni di due e magari pizzicandosi, sarà difficile ottenere gradi risultati.
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