Pasticcio su pasticcio, e mentre l’indignazione cresce fra i professori ingabbiati nella proposta di legge volta ad aumentare il numero delle ore di insegnamento, portati dalla Legge di stabilità da 18 a 24, come dalla bottiglia di Aladino, o dalla botte raschiata, emerge l’ambiguo fumus del carico di lavoro in più non previsto dal contratto.
Infatti quei docenti la cui cattedra è composta da un’ora o due per classe a settimana, come i docenti di religione cattolica o di educazione fisica o i lettori di madrelingua, più altri professori nelle stesse condizioni, saranno costretti a svolgere, relativamente alle attività funzionali all’insegnamento, molto ma molto oltre le 40 ore previste dal contratto di lavoro. L’aumento delle ore di cattedra da 18 a 24 impone in realtà anche questo nei confronti di coloro che hanno poche ore a settimana per classe e se con 18 ore a settimana riuscivano a malapena a non andare oltre le 40 ore, con questa legge sforeranno abbondantemente.
Praticamente per la sola ora da dedicare due volte all’anno per gli scrutini quadrimestrali, prendendo sempre come esempio i professori di rc, si andrebbe a uno sforamento di ben 8 ore, rispetto alle 40 previste. Sforamento di 8 ore senza contemplare nemmeno le partecipazioni alle riunioni periodiche dei consigli di classe, per affinare la didattica e gli interventi educativi, alle quale ogni docente è tenuto a partecipare. E’ vero che il contratto di lavoro ormai è più un fantasma che un dato certo, ma se il Governo contestualmente all’approvazione di questo obbrobrio legislativo non si affretta a definire per legge (vedi il decreto cosiddetto Brunetta) che anche il comma 3 dell’art. 27 del Contratto di lavoro viene abrogato, si rischia l’ingovernabilità della scuola. Chi impedisce infatti a un docente di educazione fisica, con due ore a settimana per classe, a farsi i conti e all’atto degli scrutini di fine anno dare forfait? Perché mai dovrebbe scavalcare il dispositivo contrattuale quando un altro dispositivo governativo lo strattona e lo umilia?
Portiamo come esempio un caso limite (religione e educazione fisica), ma crediamo, a occhio e croce, che tanti altri professori saranno a fine anno in similari condizioni, di avere cioè speso sull’altare della scuola, matrigna a questo punto (o patrigna visto che il ministro è maschile), tempo, ore, sacrifici, impegno che nessuno riconosce, anzi.
Qualche sindacato ha accusato il Miur di troppa fretta, perfino nella stesura del concorso a cattedra, ma questa fretta e questa frenesia di colpire la docenza sta superando ogni limite tollerabile.
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