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Altro che scuola dei sogni, chiamiamola scuola degli incubi!

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Come avevamo anticipato su questa testata giornalistica, la decisione del Governo di innalzare l’orario d’insegnamento d’un colpo a 24 ore settimanali per tutti si sta accostando sempre più ad un incubo. La parola è infatti sempre più scelta come metafora per definire l’inattesa estensione dell’orario dei nostri prof, peraltro senza alcun incremento stipendiale. È significativo il titolo che Loredana Menale, una docente di Napoli, ha scelto per la sua lettera di protesta verso questa decisione del Governo, indirizzata alle massime autorità dello Stato, al Miur, a tutti i partiti politici e ai sindacati. Eccolo: “altro che scuola dei sogni, chiamiamola scuola degli incubi!”.
Dopo aver elencato minuziosamente i tagli prodotti dal 2008 ad oggi, tutti imposti “in modo vorticoso leggi su leggi che nulla hanno a che fare col potenziamento della scuola pubblica e che addirittura arrivano a violare la stessa Carta Costituzionale”, la Menale se la prende conle parole video che nelle ultime ore il Miur ha allestito, auspicando l’avvio di una scuola decisamente migliore. E si rivolge ai suoi promotori: “Voi che siete al Governo come chiamereste una classe formata da 30 e più ragazzi, con all’interno una varietà di alunni sempre più problematici? Una varietà poliedrica che è in parte lo specchio di una società che sta perdendo di vista ogni valore: alunni con situazioni familiari disagiate, alunni stranieri da alfabetizzare senza alcun aiuto da parte dello stato, alunni con sostegno da integrare in classi strabordanti, alunni che necessiterebbero di ore di sostegno puntualmente negate, alunni certificati come DSA (spesso finti, perché è evidente che la dislessia rappresenta l’ultimo dei problemi, noi abbiamo l’occhio clinico ormai), alunni per cui un insegnante deve lavorare ore e ore di pomeriggio per tentare disperatamente di non perderli, di agganciarli, perché siamo consapevoli che da noi dipende il futuro dei nostri ragazzi”.
La delusione è tanta. Per un Governo e un Ministero che “ci sbeffeggiano spudoratamente giustificando” l’ennesima novità peggiorativa “come ‘adeguamento agli standard europei’, ‘potenziamento dell’istruzione pubblica’, ‘qualificazione del ruolo dell’insegnante’? Cosa dobbiamo pensare quando sentiamo il Ministro sbandierare ad ogni pie’ sospinto il progetto della superscuola high-tech? Quando basterebbe solo fare un giro in tante scuole italiane per rendersi conto che i veri problemi non sono computer, tablet, connessioni internet stratosferiche, LIM o qualsiasi altro strumento tecnologico. La tecnologia è solo un insieme di strumenti, nient’altro; il centro del servizio di istruzione pubblica siamo noi, gli insegnanti, lavoratori insostituibili e che oggi neanche col più potente degli strumenti potrebbero trasmettere ai propri alunni valori quali la voglia di riuscire, la sicurezza di sé, l’autostima, il desiderio di mettersi in gioco. Perché? Perché nelle condizioni disumane in cui lavoriamo ci riteniamo già fortunati se al termine dell’ora l’esercito di alunni che abbiamo in classe è rimasto fisicamente incolume”.
I toni si alzano. “No, a queste condizioni non possiamo più lavorare serenamente, perché sappiamo di non poter aiutare i nostri ragazzi. E la cosa più grave è che a nulla valgono proteste, appelli, scioperi; il Governo è per noi diventato un vero e proprio tiranno, che ha addirittura dimenticato i principi basilari della democrazia, sanciti dalla Costituzione stessa”.
Per i lavoratori della scuola non vi sono dubbi. “Signor Ministro, Vogliamo chiarire questa cosa una volta per tutte nel rispetto di coloro che lavorano nella scuola e dell’intera cittadinanza? Sono davvero gli standard europei il nostro punto di riferimento? O forse il bilancio? A noi la risposta sembra ovvia”.
Ecco, quindi le richieste: il Governo deve “smetterla una volta per tutti di infarcirci con chiacchiere sterili e dichiarazioni antinomiche: siamo tutte persone laureate e plurispecializzate”; ai partiti politici si chiede “di prendere una posizione chiara e definita nei confronti di provvedimenti adottati senza alcun confronto con le parti sociali e di superare lo scoglio ‘fiducia’. Se un provvedimento è sbagliato, non si può votare a favore”; ai sindacati “di avviare una seria campagna di protesta” e di unirsi “per perseguire un’unica lotta attraverso modalità incisive e non con uno sciopero indetto il 24 novembre (per giunta di sabato, giorno in cui moltissime scuole sono chiuse), magari quando la Legge di Stabilità sarà stata già approvata, reiterando l’errore commesso per lo sciopero indetto nel 2008 in opposizione alla Legge 133 (Riforma Gelmini), che risultò tardivo ed inefficace”. Serve, piuttosto, “un’azione (sindacale ndr) tempestiva ed efficace, anche ricorrendo alle vie legali, in opposizione a una legge anticostituzionale”.
L’ultimo appello è per il presidente Napolitano, cui si chiede di “cancellare dalla bozza della Legge Stabilità gli articoli relativi alla scuola e in particolare all’innalzamento dell’orario di lavoro settimanale per i docenti: se noi docenti, da sempre pacifici e intellettualmente onesti, pensiamo alla ribellione, crediamo che sia arrivato il momento di riflettere e di richiamare all’ordine i tecnici da Lei nominati”.