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I diritti non si barattano neppure… “per un pugno di euro”

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Il sottosegretario Rossi Doria ha dichiarato che “il pericolo è scongiurato, però adesso bisogna lavorare in Parlamento con tutte le forze politiche per trovare l’alternativa per reperire i 183 milioni di euro per il 2013. Si toglieranno quelle spese che danno fastidio al nostro sistema”. Per il sottosegretario all’Istruzione anche l’ipotesi di innalzare le ore di lezione a 21 anziché a 24 è stata esclusa dal Ministero e i fondi richiesti alla scuola dalla legge di “stabilità” verranno reperiti senza toccare il capitolo riguardante il personale.
Ma aspettiamo gli emendamenti ai commi 42 e 43 dell’art. 3 del DdL di “stabilità” presentato dal Governo in Parlamento; sinché il testo non cambia è bene essere “prudenti” e vigilare. Anche perché un qualsiasi aumento dell’orario di un lavoratore, deciso unilateralmente, senza confronto e contrattazione con i sindacati, è inaccettabile e inammissibile.
Dichiarazione importante, comunque, questa di Rossi Doria, il quale forse ha fatto ancora una volta… il supplente del ministro Profumo, che rimane sempre piuttosto “silenzioso” e defilato in questo momento di “mare in tempesta”.
Ma il sottosegretario ha anche detto, precedentemente, che sarebbe auspicabile che il modello delle scuole elementari possa essere esteso alle secondarie: una parte dell’orario da contratto deve essere previsto per la programmazione didattica, per i rapporti con le famiglie, per i collegi, per il lavoro di recupero delle carenze formative e di promozione delle eccellenze.
Nei fatti è già così (si può meglio esplicitare nel contratto, ma attraverso il confronto con i rappresentanti dei lavoratori della scuola quando il contratto verrà rinnovato). Parlando di orario di servizio nella scuola primaria, però, va chiarito che l’organizzazione didattica e del rapporto tra istituto scolastico e famiglie è differente dalla scuola secondaria (e con tutto il rispetto correggere un tema di italiano e/o preparare la lezione in una classe della primaria non sono la stessa cosa che farlo nella scuola superiore). Se poi vogliamo parlare di tutti i docenti che operano nel settore dell’istruzione, allineandoli tutti insieme anche nelle ore di cattedra, allora perché non fare riferimento anche ai docenti universitari e valutare le loro ore di servizio (alcuni delegano anche esami e lezioni agli assistenti): ma capisco che in quel settore è difficile “fare la voce grossa”.    
Le 18 ore svolte in classe – come ben sa chi opera nella scuola, ma forse non l’opinione pubblica a cui a volte si vuol far credere altro – rappresentano solo una parte del lavoro dei docenti; da tempo i contratti hanno definito gli obblighi di servizio e accanto all’orario di cattedra è previsto un consistente impegno in orario extrascolastico che riguarda attività funzionali alla prestazione di insegnamento; e le attività da assolvere sono molteplici: correzione dei compiti, preparazione delle lezioni dei giorni successivi, impegni per consigli di classe (e se avranno più ore di servizio avranno anche più classi e quindi più consigli di classe), riunioni dipartimentali, del collegio docenti, incontri con le famiglie. E poi compilazione dei verbali, programmazioni, corsi di recupero durante l’anno.
E come si può accettare che l’orario di lavoro possa essere aumentato senza contrattazione (non così l’aumento stipendiale!) ed anche le ferie siano estensibili (come se chi “tiene le redini” possa affacciarsi una mattina al balcone – dopo una notte di riunione e forse una cattiva digestione – e dire: a voi la carota, a voi il bastone, per voi sei ore in più di lavoro, per voi qualche giorno in più di ferie e ad altri magari gettare una manciata di caramelle). Ma sovrani assoluti non ne esistono più e non vogliamo ritrovarci, nel nome di un “neoliberismo” dimostratosi già ampiamente inadeguato, in un medioevo (dei diritti) magari “tecnologico”, non solo perché esiste una Costituzione nata dalle macerie della II guerra mondiale del Novecento ma anche perché non si può essere ricacciati tre secoli indietro ignorando persino la svolta dell’Illuminismo, nella sua definizione kantiana!
E basta con i soliti luoghi comuni come, ad esempio, quello secondo cui gli insegnanti italiani fanno tre mesi di vacanze estive. In realtà, a fine anno scolastico oltre agli scrutini delle varie classi ci sono poi gli esami di Stato (di scuola media o di “maturità”), i corsi di recupero per i debiti formativi e le relative verifiche che si protraggono quasi a fine luglio (quindi, praticamente, ferie solo nel mese di agosto, quando tra l’altro fare una vacanza, per chi se la può permettere, costa sicuramente di più).
Una norma, quella contenuta nell’art. 3 del disegno di legge di “stabilità” che, se applicata, peggiorerà la qualità della didattica e porterà ovviamente, riducendo inevitabilmente le cattedre, ad ulteriori tagli di posti di lavoro (insomma una legge di “stabilità” che determinerebbe instabilità!).
Un provvedimento così importante peraltro non comunicato preventivamente neppure ai partiti che in Parlamento sostengono questo Governo di tecnici. Partiti che devono dimostrare (non solo a parole, ma dentro Montecitorio e Palazzo Madama) di non essere “succubi” ad ogni costo delle decisioni governative di tecnici che non sempre hanno dimostrato poi di avere eccellenti competenze tecniche (si potrebbero citare diversi “incidenti di percorso”). Perché i partiti sappiano che quando si andrà a votare i cittadini si ricorderanno se sono stati presi in giro e forse dovrebbero cominciare a chiedersi se le “debolezze” e l’accondiscendenza da loro dimostrati non rappresentino proprio ciò che da qualche parte si vorrebbe per far “liquefare” definitivamente i partiti – che i cittadini sentono sempre più distanti dalle loro problematiche reali – e magari relegare lo stesso Parlamento ad un ruolo subalterno, dove se qualcuno non è d’accordo con il manovratore o pone soltanto dei dubbi viene accusato di “far salire lo spread” (ma questo rimprovero in passato è toccato persino a rappresentanti di Confindustria dubbiosi su certi provvedimenti del Governo e quindi non “allineati”!).
Talmente inatteso e avulso dalle vere problematiche scolastiche il provvedimento sull’aumento delle ore di servizio che persino l’associazione dei dirigenti scolastici Disal lo ha commentato con parole pesanti; “alcune parti del testo denotano ignoranza del sistema scolastico e dei suoi meccanismi”.
Se comunque il Ministro non conosce bene la scuola, provenendo da ambienti accademici, studi o se preferisce “faccia i compiti”, come è solito dire il Premier (sul quale mi resta un dubbio: sinceramente non ho capito per quale merito speciale “preventivo”, visto che non era ancora il “salvatore della Patria”, Mario Monti sia stato nominato senatore a vita – riconoscimento attribuito agli ex Capi di Stato o a grandi personalità, appunto per documentati meriti acquisiti -, cosa che gli permetterà comunque di stare in Parlamento senza passare per il vaglio elettorale dei cittadini; e poi ci tocca sentire: “che noia il posto fisso”) quando, andando a Bruxelles a portare il “menù” dei vari “salva italia”, “spending rewiev”, ecc. ecc., dice che “l’Europa ci chiede di fare i compiti”, sinora per la verità meglio definibili come autentiche “mazzate”!
Magari usando il buon vecchio “pallottoliere” (utile anche per qualche collega di Governo: vedasi calcoli errati sugli “esodati”), altro che tablet e Lim: l’innovazione tecnologica è di grande importanza, ma purtroppo la realtà ci riporta a scuole prive di mezzi economici, con bilanci “in rosso” dopo anni di sacrifici e di mancati stanziamenti, e dissestate con problemi di sicurezza (ci vogliono opere di ristrutturazione o almeno di manutenzione: insomma, un tempo si parlava di “falce e martello” – ricorda Bersani? – oggi occorre parlare di interventi di muratura e quindi di… “calce e martello”).
Ma la “colpa” è anche degli stessi insegnanti che in tutti questi anni di sacrifici, “tagli” e “sberleffi” non hanno saputo reagire compatti, ma si sono divisi (una tattica molto “redditizia” quella di dividere ed isolare, come è successo anche in campo sindacale). Oggi serve chiedere chiarezza ai partiti politici (che dovranno rispondere ai cittadini perché sanno che le elezioni non sono lontane) e compattezza ai sindacati, dando la propria disponibilità a mobilitazioni che non passino solo per una giornata di sciopero generale (seppure utile per dimostrare coesione), che il Governo “assorbirebbe” senza batter ciglio, anche se i docenti possono rimetterci, con gli scioperi, qualche euro: i diritti non si svendono, non si barattano neppure per un “pugno di… euro” (parafrasando il vecchio film “Per un pugno di dollari”)!

E sia chiaro: dopo i sacrifici e i “tagli”, nel “barile” della scuola non c’è più niente da raschiare. E se proprio si doveva risparmiare lo si poteva fare evitando un concorso organizzato frettolosamente, che scontenta i precari, consente di concorrere a laureati (entro un certo anno) che non hanno mai fatto un giorno di lezione ed estromette i giovani (anche se poi c’è da capire perché un insegnante a quarant’anni è considerato “vecchio” e alla stessa età, ad esempio, uno scrittore un “giovane emergente”!).