Le continue tentazioni, Stato-centralistiche, di interventi sulle disposizioni degli organici delle scuole e sulla partita dei dimensionamenti delle istituzioni scolastiche, sono considerate dalle Regioni una illecita invasione di campo.
Spesso le Regioni si sentono precettate e commissariate dallo Stato su questioni che dovrebbero essere di esclusiva competenza delle stesse Regioni.
In questo periodo di grave crisi economica lo Stato cerca in tutti modi, anche i più controversi, di tenere stretti i cordoni della borsa, mentre le Regioni chiedono mani libere per poter agire sui settori di loro competenza, tanto da chiedere una riforma chiara degli accordi Stato-Regione. Perché lo Stato interviene, sconfinando in competenze che la riforma del titolo V della Costituzione ha demandato agli enti locali? La risposta è ovvia: è una questione di controllo della spesa pubblica. Lo Stato centrale teme che, il tentativo di un sistema dell’istruzione di tipo federale e, l’accelerazione verso un sistema totalmente autonomo delle scuole, possa aumentare fortemente la spesa pubblica sul settore dell’istruzione. È del tutto evidente e non è una novità che l’autonomia scolastica costa molto di più del vecchio sistema dell’istruzione centralizzato. Ma quanto ci costa l’autonomia?
L’autonomia della scuola italiana ha un costo eccessivo ed è completamente scollegata dal rapporto con la qualità dell’organizzazione del lavoro e il servizio fornito. Si spende moltissimo, per non centrare gli obiettivi essenziali.
Facciamo qualche calcolo sui costi dell’autonomia : si parla di circa 2,5 miliardi di euro che lo Stato dà per il funzionamento dell’organizzazione del lavoro, che verrebbero incrementati da contributi volontari delle famiglie pari al 30% di quanto lo Stato offre per il funzionamento della scuola. In queste cifre, che a nostro parere vengono mal spese, non rientrano gli stipendi del personale che rimane ad appannaggio dello Stato. Inoltre per fare funzionare la scuola dell’autonomia è prevista anche un’altra spesa , quella dei docenti comandati per lo svolgimento dei compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia. Chi sono costoro? Quanto ci costa il loro distacco? Si tratta dei docenti comandati ai sensi dell’art. 26 – comma 8 della L. 448/98 per lo svolgimento dei compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica. Erano 500 docenti in tutta Italia che in applicazione della Legge n.183/2011 sono stati ridotti a 300 unità. Il nuovo contingente è stato fissato in un apposito Decreto Interministeriale. Il loro costo non è indifferente, soprattutto se strettamente collegato alla loro utilità pubblica. Si tratta di una spesa annua di 10milioni di euro. Poi ci sono anche commissioni ministeriali che seguono e fanno del monitoraggio sull’autonomia ed anche quelli hanno costi aggiuntivi. In buona sostanza l’autonomia in Italia ci costa moltissimo ed è il motivo principale per cui gli stipendi dei docenti italiani sono tra quelli più bassi in Europa. Però guai a parlare di eliminarla, l’autonomia è voluta trasversalmente da quasi tutta la politica, che la ritiene un vero e proprio “Totem”. Tra politica è autonomia c’è un legame strettissimo, che va oltre ogni logica di confronto che voglia metterla in discussione.
Anche la questione dell’aumento dell’orario di servizio dei docenti da 18 a 24 ore settimanali, a parità di stipendio, è stato proposto come sacrificio per salvare il “Totem” dell’autonomia scolastica. Bisogna che la politica comprenda una semplice ed elementare cosa: se si vuole mantenere un’autonomia scolastica funzionale, bisogna investire risorse finanziarie ed umane per la scuola, altrimenti bisogna, in un momento di crisi economica, rivedere le proprie posizioni e ridare spazio ad una scuola più centralizzata. Comprendiamo bene che gli interessi, privati di avere una scuola autonoma sono per adesso maggiori degli interessi pubblici di avere una scuola più leggera, essenziale, libera ed ovviamente meno costosa.