Studenti.it lancia l’avviso ai naviganti: attenzione a copiare perché ci sono i precedenti negativi e pure delle sentenze che possono produrre effetti rischiosi, rischiosissimi. Addirittura è previsto persino il carcere fino a sei mesi!
“Sapevate che copiare a un concorso pubblico costituisce reato?”, così l’incipit che incute subito subito paura e che fa tremare le “vene ai polsi” o, secondo altre versioni, le “vene e i polsi” insieme.
Due anni fa infatti una ragazza era stata beccata a copiare durante un concorso e inoltre era stato scoperto che un membro della commissione le aveva procurato il tema d’esame in anticipo.
L’avvocato della ragazza aveva cercato di appigliarsi al fatto che erano state citate le fonti ma la corte di Cassazione ha affermato che “La “pedissequa copiatura costituisce reato anche in presenza dell’indicazione della fonte, ove non si abbia il prodotto di uno sforzo mnemonico e di autonoma elaborazione logica” . Per chi voglia controllare questa sentenza nella quale si afferma che copiare è reato, consulti, si suggerisce, la n. 323682010
E inoltre l’art. 1 della legge n. 475/1925 del Codice Penale recita: “Chiunque in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado o titolo scolastico o accademico, per l’abilitazione all’insegnamento ed all’esercizio di una professione, per il rilascio di diplomi o patenti, presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri, è punito con la reclusione da tre mesi ad un anno. La pena della reclusione non può essere inferiore a sei mesi qualora l’intento sia conseguito”.
State attenti duqnue candidati al "quia", c’è il rischio che qualcuno debba poi portavi le sigarette in cella.
Tuttavia bisogna pure sottolineare che finora, e a nostra memoria, non pare che qualcuno sia finito in manette per avere copiato, anzi, è stato per lo più portato in trionfo come il più esperto e furbo evasore fiscale che gongola sulla pelle delle persone perbene che le pagano.