Conosciamo Francesco Pira da lunga data per una comune militanza sul quotidiano La Sicilia di Catania. Ne abbiamo sempre apprezzato le lucide analisi sociologiche e non poche volte ci ha pure indirizzato piacevolmente sui misteri delle mondo digitale, dentro l’universo del Web ancora non del tutto esplorato e dove è facile perdersi, per chi non ha le pietruzze di Hansel e Gretel, che gli consentano il ritorno a casa.
Ora esce in libreria, per l’editore FrancoAngeli, “Figli delle app. Le nuove generazioni digital-popolari e social-dipendenti”, con prefazione di Boccia Artieri.
Che, già nella puntuale prefazione, introduce il lettore nel tema chiave: le trasformazioni in atto dovute all’avvento delle nuove tecnologie con cui bisogna fare i conti, anche chi apparentemente è refrattario. Dunque non più “generazione digitale”, come se questo nuovo mondo, al di là delle certezze del secolo scorso, appartenessero solo a loro, ma universo digitale, a portata e uso di tutti, perché è con le “app” che ormai si comunica, si scambiano le idee e pure, come scrisse Pira in un suo recente articolo, gli amori e gli incontri sentimentali.
E infatti il libro è dedicato, non solo “a tutte le vittime del cyberbullismo, del sexting, del revenge porn, del cutting e a chi ha perso la vita per inseguire una challenge”, ma anche a coloro che “usano le nuove tecnologie per trasmettere al mondo messaggi positivi e condividere conoscenza”.
Il libro dunque, utile per chi a scuola ogni giorno, e soprattutto in periodo di Dad, analizza le trasformazioni in atto, ma su basi scientifiche, entrando nel mondo dei modelli comunicativi di preadolescenti e adolescenti che ormai si muovono dentro una dimensione social quotidiana, producendo contenuti, creatività e perfino l’e-learning.
Da qui pure i risultati di una indagine, condotta durante il primo lockdown, che ha coinvolto in totale 1.858 ragazze e ragazzi delle secondarie di primo e secondo grado. Ebbene quasi tutti, il 96,6%, posseggono uno smartphone, oltre l’88,8% ha un computer grazie ai quali però tendono a isolarsi, mentre il 69% ha dichiarato di avere un profilo social falso, tra Instagram, Whatsapp e Facebook.
E su questi dati entra l’analisi sociologica: nell’era liquido-moderna l’inganno è diventato centrale nei processi di comprensione del reale, e la distinzione tra vero e falso non è più percepita. Un campanello di allarme, non solo per i genitori, ma anche per gli insegnanti.
Altro dato riguarda l’ iper-comunicazione, la vetrinizzazione dell’io e la sistematica manipolazione, consapevole o meno, della realtà, con impatti profondi sulle dinamiche di sviluppo della società nel suo complesso.
“Un percorso attraverso generazioni che si sono evolute all’interno di ambienti sempre più tecnologici, spesso da soli, e che oggi sono gli adulti appena diventati genitori, tutti accomunati nell’evidente dicotomia tra connessione e relazione. Un uso della tecnologia – precisa Pira- che ci mostra come l’intuitività, l’immediatezza siano gli aspetti prevalenti che di fatto sembrano annullare quasi del tutto lo spazio per comprendere il contesto prima di agire. Così, l’azione viene prima della riflessione, che genera una risposta emotiva immediata e mediata dallo schermo”.
Per questo appare anche utile la citazione di una frase di Giovanni Bosco che di educazione dei giovani se ne intendeva: “Dalla buona o dalla cattiva educazione della gioventù dipende un buon o un triste avvenire della società”.
Ecco il nocciolo del libro: l’avvenire della società, sempre più connessa ma guai a perdere quel filo che unisce “i figli delle stelle” con i “figli delle app”, la capacità di sognare universi oltremondani con l’abilità a usare la grandiosa e invisibile rete del world wide web.