Sulla questione dei contributi volontari delle famiglie si sta scatenando una polemica che andrebbe forse un po’ ridimensionata e, soprattutto, “ragionata” con un po’ più di attenzione.
Da un lato il Miur è intervenuto per stigmatizzare il comportamento di quelle scuole e di quei dirigenti scolastici che di fatto stanno trasformando in quasi obbligatori contributi che tali non sono.
Non sarebbe stato male se, nel contempo, il Miur avesse ricordato anche che le famiglie che versano un contributo alla scuola possono esporre l’importo stesso nella dichiarazione dei redditi per ottenere una riduzione dell’Irpef dovuta.
Per usufruire di questo beneficio è necessario però che la famiglia effettui il versamento tramite bonifico bancario o conto corrente postale indicando nella causale che si tratta di contributo finalizzato al miglioramento dell’offerta formativa, come espressamente previsto dall’articolo 13 della legge n. 40 del 2 aprile 2007.
In effetti non sempre le scuole forniscono queste informazione alle famiglie e questo non depone certamente a favore del principio di trasparenza al quale tutte le Amministrazioni pubbliche dovrebbero attenersi.
E bene avrebbe fatto il Ministero a spiegare anche come le scuole possano garantire non già l’ “ampliamento dell’offerta formativa” ma anche soltanto l’ordinario funzionamento amministrativo e didattico senza l’aiuto delle famiglie.
I dati sono sotto gli occhi di tutti: una scuola di ragguardevoli dimensioni (per esempio un comprensivo di 1300 alunni, con una dozzina di plessi e 150 fra insegnanti e Ata) può contare per il 2013 su un finanziamento statale che arriva a mala pena a 8mila euro, somma che deve bastare non solo per tenere in piedi i laboratori di informatica, ma che deve servire anche per le attività, obbligatorie per legge, per garantire la sicurezza della scuola (incarico al Responsabile della sicurezza e al medico competente, corsi di formazione per il personale, acquisto segnaletica, ecc..), per manutenere il sistema informatico degli uffici, per promuovere l’aggiornamento del personale e così via.
E’ del tutto evidente che neppure in dirigente oculato e attento in perfetto stile Quintino Sella sarebbe in grado di ottenere un simile risultato.
Se poi parliamo delle scuole del primo ciclo di istruzione, va anche detto che molto spesso il contributo proposto alle famiglie è davvero modesto e quasi mai supera l’importo di 20-25 euro annui (assicurazione compresa).
Ora, il rischio è che alla circolare del Miur facciano seguito nelle scuole iniziative tese a eliminare ogni forma di intervento da parte delle famiglie.
Se questo dovesse accadere il risultato sarebbe pesante e forse sarebbe persino in contrasto con le stesse intenzioni del Miur e di coloro che hanno applaudito alla circolare ministeriale: la qualità dell’offerta formativa ne uscirebbe ulteriormente ridotta e ad avvantaggiarsene sarebbero solamente le scuole private che rimarranno di fatto le sole scuole dove le famiglie potranno ottenere qualche modesto servizio didattico aggiuntivo.
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