Nei giorni scorsi il ministro Bianchi ha preso la decisione di annullare per quest’anno le prove standardizzate Invalsi nelle classi seconde delle scuole secondarie di secondo grado. La decisione prende atto della difficile situazione delle scuole e del tormentato anno didattico che è stato vissuto con grande fatica da studenti, insegnanti e genitori, rendendo decisamente fuori luogo la somministrazione di test come se tutto fosse come due anni fa. È evidente che le prove che sono state elaborate per raccogliere dati in una situazione di normale didattica non possono essere ragionevolmente proposte nel contesto presente. Se però appare assennata e condivisibile la decisione per queste classi, risulta francamente incomprensibile la conferma contestuale di tutte le altre prove Invalsi, quelle rivolte ai maturandi, agli studenti delle scuole secondarie di primo grado, alle bambine e ai bambini di quinta e seconda elementare. Da una parte osserviamo una presa d’atto della drammaticità dell’emergenza che la scuola italiana sta vivendo, ma allo stesso tempo risulta evidente un’ostinazione burocratica a confermare nei marosi della pandemia i rigidi assolvimenti della scuola pre-pandemica. Questa rigidità – tra l’altro – sta giustamente suscitando le critiche e le richieste di sospensione che giungono da tutti i soggetti della scuola, a partire dai genitori e dagli studenti fino ad arrivare al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Che senso può avere effettuare i test quest’anno a classi decimate, a frequenza se va bene del 50%, dopo mesi e mesi di didattica a distanza, mentre si fatica a trovare tablet e connessioni da assicurare ai bambini o alle ragazze confinati a casa, o a reperire supplenti per sostituire i docenti in quarantena? Davvero l’ottusità burocratica può arrivare a questa ostinata rivendicazione del suo potere sulla scuola reale e sulla sua sofferenza?
Noi chiediamo al Ministero di sospendere quest’anno tutte le prove Invalsi, lasciando ai docenti e agli studenti la possibilità di concentrare le esigue forze rimaste sulla didattica quotidiana, sul confronto e sullo scambio dialettico a partire dalle dure esperienza del presente, sul consolidamento delle preziose relazioni umane e pedagogiche che sono riuscite in questi due anni a far sopravvivere la scuola e le persone che la abitano. Chiediamo anche di aprire, a partire da questa estate, un confronto ad ampio raggio sulle modalità di valutazione nella e della scuola italiana. Il sistema messo a punto dall’Invalsi in questi anni a fronte di ingenti spese ha prodotto dati di conoscenza dalla scarsa affidabilità e utilizzabilità per migliorare la scuola nazionale a prezzo di pesanti effetti controproducenti sulla didattica e sull’organizzazione della scuola. In particolare, si sta diffondendo l’addestramento ai quiz, che punta all’acquisizione di nozioni e/o di quella particolare competenza che mira alla scelta della risposta ritenuta esatta dall’Invalsi, che sovente non è neppure la migliore o l’unica possibile, e la scuola italiana, di fronte al dilagare dell’analfabetismo cognitivo, ha bisogno di rimettere al centro lo sviluppo delle capacità cognitive (capacità di analisi, di sintesi, spirito critico, autonomia di giudizio..). Le innovazioni normative introdotte quest’anno per quanto riguarda la valutazione nella scuola primaria hanno costituito un segnale di inversione di tendenza che a nostro parere va sostenuto. È giunto il il momento di ritornare a discutere quali strade percorrere per raccogliere informazioni sullo stato di salute della scuola, coinvolgendo nel dibattito le diverse componenti della scuola, a partire dai docenti, considerati come parte attiva della riflessione e non come meri somministratori di test elaborati altrove. Per tutto questo i Cobas indicono uno sciopero della primaria il 6 maggio, giorno della prova Invalsi di italiano in seconda e quinta elementare, e invitano i lavoratori/trici di tutti gli ordini di scuola alla mobilitazione per il ritiro dei quiz Invalsi.
Esecutivo nazionale COBAS – Comitati di base della Scuola
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