Tema complesso quello della riduzione di un anno alle superiori, ma la riflessione merita, secondo l’esponente del Pd, una maggiore riflessione.
Quale? Intanto uno sguardo all’Europa consente di individuare tre modelli:
ingresso a sei anni, tredici anni di scuola e diploma a diciannove anni;
ingresso a sei anni, dodici di scuola e diploma a diciotto;
ingresso a cinque anni, tredici di scuola e diploma a diciotto.
Seppure sia difficile dire quale modello sia il migliore, ciò che conta è “quello che si fa durante la propria permanenza nei percorsi di istruzione e formazione”.
Inoltre, continua Contu, “la scuola del secondo ciclo in Italia non funziona bene e che occorrono interventi forti (anche) su questo segmento, soprattutto su istruzione tecnica, istruzione e formazione professionale”.
Oltre a investire più risorse nella scuola, dice l’esponente Pd “occorrono invece coraggio, competenza e intelligenza per ripensare l’esistente a partire prima di tutto dalle risorse che ci sono. La proposta di ridurre a quattro gli anni di secondaria, sotto il vincolo di mantenere intatte le risorse complessive di organico e finanziamenti, metterebbe in condizione di progettare e realizzare quattro anni scolastici decisamente più efficienti degli attuali cinque.”
Le ipotesi fatte dal Pd derivano da uno scritto di Giovanni Bachelet nell’introduzione al volume Idee ricostruttive per la scuola, che raccoglie i materiali prodotti dal Forum Politiche Istruzione PD nel trennio 2010-12: «[All’interno del Pd] sui cicli scolastici esistono ampie aree di dissenso su come realizzare la conclusione degli studi a 18 anni; l’idea però di finire a 18 anni, colmando anche qui lo spread con l’Europa, è risultata largamente condivisa».
Tuttavia la parte più importante di tutto il testo di Emanuele Contu si condensa nella conclusione: “Anche il Pd di Milano ha lavorato sul tema del riordino dei cicli, formulando una proposta complessiva che combacia in larga parte con le riflessioni degli esperti chiamati dal ministro Profumo a lavorare sul tema: ingresso a sei anni e uscita a diciotto, con riduzione di un anno della secondaria di secondo grado e utilizzo delle risorse recuperate per avviare un riordino complessivo dell’organizzazione e della didattica. Sul punto sono diversi anche gli interventi di Marco Campione, responsabile istruzione del Pd lombardo. L’obiettivo, insomma, non è impiegare un anno in più o in meno; ma imparare meglio e imparare tutti, colmando soprattutto il divario esistente in termini qualitativi e di promozione sociale tra l’istruzione liceale e tutto il resto. Difficile? Molto. Ma non sembra che questa possa essere l’epoca delle soluzioni facili.”
Il dibattito certamente continuerà ancora a lungo, ma tutto fa pensare che in mancanza di risorse aggiuntive per la scuola (che nessun partito al Governo della Nazione potrà più garantire checché si sia detto in campagna elettorale), una delle strade possibili per rilasciare qualche soldo da impiegare per migliorare l’istruzione sia proprio quella di ridurre il numero dei professori anche attraverso la contrazione di un anno del percorso di studio; anche se, contestualmente, si dovrebbero pure rivedere le indicazioni nazionali e una nuova formulazione dell’orario settimanale delle lezioni, che dovrebbe, come razionalmente è prevedibile, aumentare.
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