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Alunni in difficoltà

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Sono poco più di 500mila gli alunni che ogni anno fanno il loro ingresso nella scuola elementare ed almeno 80mila di loro sono bambini e bambine che gli psicologi dell’età evolutiva definiscono “soggetti con difficoltà”.
Ad essere più precisi, 40mila presentano gravi crisi di ambientamento che possono prefigurare un percorso scolastico “a rischio”, mentre 30mila o poco meno presentano disturbi psicopatologici che sono spesso il segnale di disturbi psichiatrici tipici dell’età adolescenziale e adulta. I restanti 10 mila (o poco più) presentano invece disabilità certificate o gravi disturbi dell’apprendimento.
In pratica gli 80mila alunni in difficoltà rappresentano il 15% della popolazione scolastica complessiva.
A partire da questo dato, sul quale ormai tutti gli esperti concordano, un gruppo di ricercatori ha condotto recentemente in provincia di Trento un’accurata indagine tesa a verificare non solo l’effettiva distribuzione dei soggetti in difficoltà nei diversi ordini di scuola, ma anche la percezione che ne hanno i docenti.
La quota del 15 per cento è stata sostanzialmente confermata, ma la ricerca ha fatto emergere una situazione inattesa per quanto riguarda un altro aspetto; i “soggetti in difficoltà” stati infatti evidenziati ricorrendo alle segnalazioni dei docenti e non attraverso test o prove obiettive e questo è servito per capire in che modo gli alunni vengono effettivamente "percepiti" come soggetti difficili dagli insegnanti.
Ebbene, nella scuola elementare i bambini definiti in difficoltà dai docenti sono stati il 17% (e bisogna considerare che gli alunni con un handicap certificato sono stati esclusi dalla ricerca); nella media inferiore la percentuale è risultata decisamente più bassa (12,5%), mentre nella scuola superiore addirittura del 9%.
Peraltro quest’ultimo dato potrebbe essere spiegato con il fatto che proprio l’abbandono scolastico e la selezione possono determinare una minore presenza di soggetti con difficoltà nella scuola superiore.
Ma il dato più complesso riguarda la scuola dell’infanzia dove la percentuale scende al 4%: secondo i ricercatori questo valore va messo in relazione sia con la difficoltà – per le insegnanti – di formulare “diagnosi” attendibili, ma anche con una diversa (e più flessibile) organizzazione didattica.
La ricerca mette quindi in evidenza come il contesto scolastico influisca in modo decisivo sulla definizione di “alunno in difficoltà” e come sia necessario promuovere specifiche iniziative di formazione rivolte ai docenti in modo da fornire loro strumenti di intervento più mirati ed accurati.