Riceviamo e pubblichiamo la favola sul mondo della scuola, inviata dalla lettrice Eva Battiloro:
C’era una volta uno strano paese
dove i maestri eran portenti,
di allievi tenevan le menti accese,
erano i fari di postere genti.
Godevan di tutti stima e rispetto,
che erano eredi di un grande passato
e ognuno affidava lor l’intelletto
del figlio suo che così fosse in grado
di crescere forte, acquisir competenze,
diventar cittadino con mille valenze.
Ma un morbo orribil invase i regnanti
di quello strano lontano paese:
del mero consenso di tutti i viandanti
lor si curavan, senz’altre pretese,
senza occuparsi di ciò che era giusto,
per quel che era meglio avevan disgusto.
Invidia( Sprezzo) provavan per ogni bambino,
per tutto quello di cui era specchio:
progresso, futuro, d’Atlantide il mito…
loro ideale era solo Pinocchio!
E quindi divennero ora i docenti
scomodi sassi per questi regnanti:
giuraron vendetta quest’ultimi a quelli,
di render inviso a loro il lavoro,
eran convinti con mille fardelli
di infliggere loro un colpo sicuro.
Per perseguir quest’empio disegno
negarono a quelli compenso degno
pensando che questo sopruso loro
togliesse a quelli tosto il decoro.
Ma l’avarizia che aveva il possesso
di quei regnanti e dell’anima loro
al corpo docente non avea accesso
ed esso continuò nel suo lavoro.
Tutti i docenti con sacra missione
seguivano codesta tradizione:
forgiare l’intelletto dei discenti
laggiù nel paese di grandi menti.
Seccati e sconfitti gli scaltri regnanti
decisero poi di cambiar gli ambienti:
stiparono tutti in classi-pollaio
dentro strutture che non eran scuole,
nei sottoscala o anche in solaio
e brutte e vetuste erano l’aule.
La cubatura dell’aria era scarsa
il ricambio di O2 divenne una farsa,
sicchè dai contagi e pur da infezioni
né prof nè scolari erano immuni.
Allora tutti quanti si adattarono
e qui cominciò un penoso calvario,
coi regni intorno presto aumentarono
le differenze e il profondo divario.
Dell’armi non ci fu ancor cessione
chè i prof ed i maestri avean a cuore
il loro compito, e la lor missione
avanti lor condusser con furore.
Mutarono i regnanti allor le ore,
i tempi furon tolti al professore
sovrapponendo con accanimento
molt’altre attività alle discipline
e fecer tutto ciò con il pretesto
di dar allo studente formazione,
di civica una buona educazione,
nonché per il lavor preparazione.
Fiorirono progetti a nomi assurdi,
acronimi improbabili e balordi
e poi quell’alternanza del lavoro
che li illudeva tutti pel futuro.
Fu inferta utilizzando un’altra arma
l’ennesima stoccata a quei docenti:
burocrazia e carte e timbri e firme
che sparser il terrore per le scuole;
promisero a quelli inadempienti
ricorsi di avvocati a gragnuole!
Eppur non s’era il fondo allor toccato
chè salva era ancor la relazione
tra allievo dal maestro affascinato
e questo che insegnava con passione.
Ma imposero uno schermo tra di loro,
non c’era più empatia nè emozioni,
svuotaron le lezioni del tesoro,
morì la realtà a tre dimensioni.
Un incontro a quell’altro era uguale,
finì la libertà d’insegnamento,
nel culto allora imposto del virtuale
dell’anima iniziò l’abbrutimento.
Ferirono con dolo l’eccellenza
l’amore del saper e conoscenza
e, complice terribil pandemia,
ingiunser di promuover chicchessia.
E quando gli scolari ormai dispersi
sentirono la guida a lor mancare
accuse furon mosse agli insegnanti
da tutti quegli ipocriti regnanti:
“non seppero i maestri stimolare
l’amore, l’interesse, l’attenzione
agli studenti privi di passione”.
Fu tosto attribuita ogni colpa
di tagli scellerati e mal gestione
ad i docenti e a lor preparazione!
Per aggiornarli furon poi spediti
a corsi in cui dei baldi formatori,
di lor docenti meno istruiti,
del contrappasso furono gli attori!
Recupero d’estate fu pensato
all’afa e al solleone istituito
col virus a comando ora sparito
e i prof improvvisati animatori,
della socialità i controllori!
Lo so che sembra un incubo, signori,
ma voglio ricordarvi che è una fola
distopico racconto qui inventato
di eroica resilienza della scuola
di un paese strano immaginato….
poiché in qual paese conosciuto
seguiterebbero gli insegnanti mai
in tale condizione e in tal sopruso
a lavorare con tanti e tali guai?
Eva Battiloro