“Dove sono i dati ufficiali sulla frequenza dell’insegnamento della religione cattolica (Irc)? Quanti studenti non se ne avvalgono, cosa scelgono in alternativa e cosa realmente viene loro garantito? Nell’imbarazzante e assoluto silenzio del Ministero dell’istruzione a prendere la parola sono i vescovi. O loro incaricati. Con dichiarazioni a volte sconcertanti”.
Sono queste le premesse che Roberto Grendene, dal portale dell’ Uaar, utilizza per biasimare le affermazioni del Prof. Nicola Incampo, su Cultura Cattolica, a seguito di una nostra nota nella quale riferivamo che l’Uaar, Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, aveva “inviato gratuitamente ad 85 scuole che ne hanno fatto richiesta dei Kit Lego da utilizzare durante l’attività alternativa alla Religione Cattolica”.
Secondo l’esperto Cei di Irc, “gli alunni che frequentano l’ora di Religione Cattolica è il 96%. Infatti circa il 90% chiede di avvalersi, del restante 10%, almeno il 60%, pur non avendo scelto l’IRC, è presente e partecipa all’ora di religione”.
Per l’esponente dell’Uaar, posto pure che i dati fossero corretti, appare grottesco che quel 60% che non si avvale sia costretto invece a subire l’ora di Rc: “In un paese civile sarebbe presentata un’interrogazione parlamentare sulla ricerca condotta dell’esperto della Cei. Perché le implicazioni sono gravissime: discriminazioni ai danni di minori nell’esercizio dei diritti all’istruzione e alla libertà religiosa (che include la libertà dalla religione). E tutto ciò tra le mura della scuola pubblica”.
Affermazione “avventata e dettata da spavalderia?”, commenta Grendene.
“Il problema di fondo- continua l’Uaar- è che sono i vescovi a controllare la situazione, gestendo la raccolta dati, la pubblicazione dei risultati (che tra l’altro smentiscono quelli di Incampo: due anni fa era il 14,15% degli studenti a dire no all’Irc, non il 10%) e la propaganda sulla base degli stessi. Deve essere invece il Ministero dell’istruzione a rendere disponibili in formato aperto e machine readable dettagliate e fruibili statistiche sull’Irc, come richiede l’Uaar anche all’interno del progetto #DatiBeneComune”.
A parte questa dura presa di posizione dell’Uaar, l’insegnamento della Rc nella scuola talvolta assume contorni incoerenti, dal momento che i ragazzi che non si avvalgono, molte volte sono lasciati a se stessi, senza un docente che li segua o costretti a bivaccare nelle biblioteche o nelle palestre o mandati a casa, quando l’ora coincide col termine delle lezioni, o a posticipare l’ingresso, quando al contrario coincide con l’inizio delle lezioni.
Contestualmente, constatiamo pure lo stato di “dipendenza” dei colleghi di Rc dalla Curia che ha la facoltà di nomina dei docenti, cosicchè se il docente è prete, qualora sentisse la vocazione al matrimonio, spretandosi, verrebbe licenziato, come pure quell’altro, laico, che divorzia dal consorte.
Uno stato di assoluta precarietà dunque, sia per i ragazzi che non si avvalgono e sia per i prof, costretti a seguire, non già la propria libera inclinazione, come tutti i suoi altri colleghi, ma i dettami del vescovo che può intervenire nella vita privata dei docenti che nomina.
Un problema che oggettivamente andrebbe affrontato con sentire laico, democratico e a-ideologico.