A questo punto non ci vuole molto a capire che l’anno scolastico che inizierà fra tre settimane sarà la brutta copia di quello che si è appena concluso.
Non ci sarà l’organico funzionale, né sarà risolto in modo significativo il problema del precariato. In molte regioni un bel numero di scuole sarà affidato in reggenza e il sistema nazionale di valutazione a tre gambe (Invalsi, Indire e Ispettori) continuerà a funzionare poco e male e fra mille polemiche.
Ma, soprattutto, si aggraverà (e non poco) il problema della gestione del fondo di istituto.
La questione è complessa. Intanto c’è da capire se anche per gli scatti stipendiali del 2012 si ricorrerà, come per quelli del 2011, alle risorse derivanti dai risparmi di sistema (pochi) e dai fondi destinati ai compensi accessori (già drasticamente ridotti lo scorso anno).
Nel 2012/2013 la questione si è risolta a metà anno scolastico e solo verso febbraio-marzo le scuole sono riuscite ad avviare la contrattazione integrativa, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili.
Per il 2013/2014 la situazione potrebbe ripetersi, con una aggravante: una ulteriore riduzione del fondo di istituto significherebbe, di fatto, l’azzeramento virtuale delle risorse destinate a retribuire le attività svolte da docenti e Ata per migliorare l’offerta formativa della scuola.
In pratica vorrebbe dire ridurre in modo drastico quasi ogni forma di autonomia progettuale delle scuole.
Con buona pace di quanti (forze politiche in testa) si sgolano ogni giorno a rivendicare la centralità della scuola e della sua funzione educativa e culturale.