Crescono i timori, tra docenti, studenti e genitori, per quelli che potrebbero essere i prossimi provvedimenti sulla scuola.
Preoccupa non tanto quello che il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza dice attraverso gli organi di stampa, ma piuttosto, preoccupano i suoi silenzi, su alcune possibili riforme che lo stesso ministro vorrebbe attuare. In buona sostanza preoccupano, non tanto le dichiarazioni pubbliche del responsabile del Miur, che sono sempre rassicuranti e vanno nella direzione della risoluzione dei problemi della scuola, ma piuttosto le dichiarazioni non fatte pubblicamente e che magari, lo stesso ministro Carrozza, esterna e confida ai suoi più stretti collaboratori. Sarebbero particolarmente temuti, quei provvedimenti che andrebbero a toccare alcuni diritti del personale scolastico, e che rappresenterebbero un’invasione dei patti e delle regole contrattuali.
I primi provvedimenti sulla scuola, potrebbero arrivare con un collegato alla legge di stabilità, che toccherebbe punti nevralgici di riforma scolastica. Si tratta di una delega in bianco, fatta al governo per trattare temi delicati come il reclutamento del personale docente, la riforma degli organi collegiali, l’avvio delle reti di scuole e il delicatissimo argomento dello stato giuridico ed economico del personale scolastico.
Provvedimenti che intersecano profondamente gli interessi contrattuali e che dovrebbero essere discussi in tavoli sindacali, prima di imporli di imperio, attraverso atti legislativi, per lo più collegati ad una legge importante come la legge di stabilità.
Il timore di tanti è quello che per la riforma degli organi collegiali, si voglia ripartire dall’intesa trovata nella scorsa legislatura tra il PD e il PDL. È opinione diffusa che il testo base, possa essere il tanto contestato decreto Aprea-Ghizzoni.
Si teme anche che si voglia attuare una riforma dello stato giuridico ed economico del personale scolastico, basato su un non ben precisato merito. Molti si stanno domandando se per caso, quando il ministro Carrozza si lamentava dei troppi tabù presenti nel sistema scolastico, non si riferisse anche ai tabù che rappresenterebbero un freno posto dai sindacati e dai movimenti studenteschi, rispetto a riforme così radicali.
La contestazione su questi provvedimenti potrebbe nascere non soltanto sul merito delle proposte, ma anche sul metodo, che sembrerebbe essere poco democratico e molto autarchico.
Sentendo gli umori di piazza, sembrerebbe che sta nascendo un fronte unitario di protesta contro questa spinta riformistica, che si sta sviluppando senza attuare nessun confronto con i sindacati. Non vorremmo, visto che la nostra Ministra dell’Istruzione è pisana, che si confermasse il vecchio adagio medioevale che dice: “meglio un morto in casa che un pisano all’uscio”. Sì, perché come ci dice la storia, ai tempi dello splendore della repubblica pisana che aveva uno statuto particolarmente avanzato in termini di diritto privato, commerciale ed amministrativo, i pisani erano temibili e impetuosi esattori. Solo in un caso questi temibili esattori, non facevano razzia di tasse, se ci fosse stato in casa del contribuente un lutto.
Visto che il funerale della scuola pubblica è stato già celebrato, e quindi c’è uno stato luttuoso, forse sarebbe opportuno recedere da norme che vadano ancora una volta a penalizzare il settore della conoscenza, cercando invece risorse da investire in questo campo.
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